lunedì 28 marzo 2016

Chi salverà i Monuments Men

Dai saccheggi nazisti ai disastri naturali e alla furia dell’Is Una mostra racconta gli uomini e le donne che difesero statue, templi e dipinti. Anche a costo della loro stessa vita

Chi salverà i Monuments Men da La Repubblica 27 marzo 2016 
ROBERT M. EDSEL
KHALED AL-ASAAD, OTTANTATRÉ ANNI, archeologo siriano in pensione noto con il soprannome di Mister Palmira per la sua straordinaria conoscenza di quella venerata città di epoca romana, è stato giustiziato lo scorso agosto 2015. Jihadisti dello Stato Islamico lo hanno pubblicamente decapitato, appendendo poi per i polsi il suo corpo a un semaforo, con la testa ai suoi piedi. Attaccato alla vita, un cartello elencava i presunti crimini: partecipazione a “conferenze di infedeli” e “direttore di idolatria” per la passione di una vita dedicata a documentare e condividere la storia di Palmira, sua città natale. L’attuale direttore dei musei siriani ha fornito una spiegazione più razionale: nonostante i ripetuti interrogatori, al-Asaad aveva rifiutato di confessare il luogo dove statue e altre opere d’arte erano state nascoste per proteggerle dall’arrivo dei militanti dell’Is.
Quella di Khaled al-Asaad non è la prima morte al servizio dell’arte in tempo di guerra. Già durante il Secondo conflitto mondiale, nel marzo 1945, il maggiore Ronald Balfour, Monuments Man inglese, fu ucciso da una granata mentre rimuoveva tesori artistici dalla Chiesa di Cristo Re a Kleve, in Germania. Il mese successivo, un colpo di mitragliatrice costò la vita al Monuments Man americano capitano Walter Huchthausen mentre controllava un rapporto di arte trafugata. Seppure fossero due studiosi, Balfour e Huchthausen indossavano uniformi militari. Al-Asaad era invece un semplice civile, armato solamente della sua vasta conoscenza della grande Palmira. La sua determinazione nel proteggere quel che restava di quella grande civiltà si può paragonare a quella della grande eroina francese Rose Valland. Dal 1940 al 1944, questa donna modesta lavorò come custode del piccolo museo parigino che i nazisti avevano requisito per le loro operazioni di saccheggio, e ne spiò per tutto il tempo le attività. Sospettata e per due volte minacciata di esecuzione sommaria, la Valland continuò la sua opera, e fu una fortuna. I suoi appunti segreti che registravano l’arrivo di arte trafugata e la successiva spedizione verso la Germania si rivelarono di fondamentale importanza per la scoperta di più di ventimila opera d’arte da parte dei Monuments Men. Rose Valland si unì in seguito a loro e proseguì la ricerca delle opere d’arte disperse fino alla sua morte nel 1980.
L’orribile uccisione di al-Asaad, così come la morte di Balfour e Huchthausen, testimoniano quanto possa costare proteggere opere d’arte e altri beni culturali durante i conflitti ar- mati. Balfour e Huchthausen ne erano consapevoli prima di arruolarsi come volontari, ma vollero ugualmente servire la causa. Anche al-Asaad, secondo il figlio Walid, conosceva il rischio di restare nella sua città natale nonostante le numerose opportunità di fuggire prima dell’accerchiamento di Palmira da parte delle truppe dell’Is. A questo punto la domanda è: ma l’arte vale una vita?
È una domanda che mira dritto al cuore della missione dei Monuments Men durante la Seconda guerra mondiale, così come a quella di tanti volontari che allora come oggi rischiano la propria vita per salvare il patrimonio culturale dell’umanità. Il comandante supremo delle forze alleate, Eisenhower, credeva che la risposta dovesse essere «no», sostenendo che una vita umana conta «infinitamente» di più. Il Monuments Man capitano Deane Keller, professore di storia dell’arte presso l’Università di Yale e artista lui stesso, era d’accordo. Keller, che nei suoi tre anni di servizio in Italia venne a trovarsi per oltre un anno nella zona di combattimento, scrisse che «la vita di un giovane americano vale più di qualsiasi monumento». E tuttavia fece una distinzione fondamentale: tra la differenza nel rischiare la vita per salvare un oggetto d’arte rispetto a rischiare la vita per una causa. Come gli altri Monuments Men, Keller considerò un privilegio poter rappresentare la propria nazione nella lotta per difendere la libertà di espressione creativa degli artisti, e preservare i più grandi esempi di quanto creato dagli artisti del passato.
Anche il generale Eisenhower si espresse sull’argomento, dicendo nel 1946 che «almeno per quanto riguarda una democrazia, gli ideali per cui [una guerra] viene combattuta vivono oltre il materialismo e la distruttività della guerra». Anche il Monuments Man tenente comandante George Stout, quando nel 1943 aveva dovuto perorare presso il presidente americano Roosevelt la necessità di creare un’unità per la protezione del patrimonio culturale, si era espresso con chiarezza e passione: «La salvaguardia di questi beni… dimostrerà il nostro rispetto per le credenze e i costumi di tutti e testimonierà che queste opere non sono patrimonio di un unico popolo ma dell’intera umanità. Preservarle fa parte della responsabilità che grava sui governi delle Nazioni Unite». Roosevelt fu d’accordo. Balfour, Huchthausen e oggi al-Asaad a Palmira hanno onorato questi alti ideali. Le Nazioni Unite ancora no.
Robert M. Edsel è autore di tre libri sull’argomento A uno di questi, “ Monuments Men: eroi alleati, ladri nazisti e la più grande caccia al tesoro della Storia” ( Sperling& Kupfer) si è ispirato il regista, attore e produttore George Clooney per il suo film del 2014
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L'articolo di Repubblica domenica 27 marzo 2016 

LA MOSTRA
AL GRANDE “ESERCITO” DEI MONUMENTS MEN È DEDICATA LA MOSTRA “SALVARE LA MEMORIA (LA BELLEZZA, L’ARTE, LA STORIA) STORIE DI DISTRUZIONI E RINASCITA”, A CURA DI ELENA MARIA MENOTTI E SANDRINA BANDERA, AL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI MANTOVA FINO AL 5 GIUGNO. NELLA FOTO GRANDE, IL PALAZZO DI HANUMAN DHOKA RIDOTTO IN MACERIE, A KATHMANDU, DOPO IL VIOLENTO TERREMOTO CHE HA SCONVOLTO IL NEPAL IL 25 APRILE 2015: TRA I MONUMENTS MEN DEL XXI SECOLO ARRIVATI IN NEPAL A DARE UNA MANO DOPO LA TRAGEDIA C’ERA ANCHE UN GRUPPO DI RESTAURATORI ITALIANI

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