giovedì 26 maggio 2016

Bellissime foto di Palmira

Bellissime immagini di Palmira


Archeologia e vandalismo: distruggere l'arte

Archeologia e vandalismo: distruggere l'arte

ARCHEOLOGIA E VANDALISMO – DISTRUGGERE L’ ARTE – DAGLI ASSIRI AI CONQUISTADORES E OGGI L’ISIS – UNA VITTORIA PER DELL’IGNORANZA – IMPENSABILE IN UN MONDO DOVE SI INSEGNA IL VALORE DELL’ARTE

L’iconoclastia ha, disgraziatamente, attraversato tutte le culture e religioni !
Distruggere, cancellare i segni del nemico lo si vede anche nella cultura egizia, dove i cartigli dei faraoni “nemici” venivano anche malamente e frettolosamente cancellati; tanto che se ne vedono bene i segni ancora oggi.
Anche all’epoca dei sumeri, il vincitore tagliava la testa al re nemico.
Quando si faceva una statua, nella bocca si insufflava “vita”, e il rituale era chiamato “l’apertura della bocca”.
Quindi, le teste delle statue del nemico sconfitto rappresentavano qualcosa di più del semplice monumento.
Infatti queste ultime venivano tenute come ammonimento.
Il sovrano assiro Assurbanipal ci ha lasciato questo scritto, a proposito di una devastazione di una statua; “Questa è l’immagine di Halllusu re dell’Assiria di Elam. La sua bocca che ha schernito, io ho tagliato, le sue labbra che hanno offeso, io ho reciso, le sue mani che hanno usato un arco per attaccare l’Assiria, io ho mozzato”.
Anche tra i Maya nell’ 800 d.C. si è trovata una frammentazione meticolosa del trono di Piedras Negras in Messico.
E’ onesto ricordare che il Corano non contiene divieti espliciti contro le immagini, ma gli arabi, purtroppo, sono stati influenzati dall’iconoclastia bizantina, che nei secoli VII e IX durante l’Impero Romano D’Oriente, distrusse le immagini sacre; come opposizione al cristianesimo occidentale.
E pure giusto ricordare che si tratta pure di islamici, quando parliamo di archeologi e direttori di musei che hanno rischiato o perso la vita per salvare le opere d’arte di Kabul e Baghdad e Palmira.
E’ il caso del tesoro della regina di Nimrud, salvati dagli archeologi del Museo di Bagdad nel 2015 riponendoli in un bunker segreto della Banca Centrale Irachena. Oggi sono stati recuperati e sono ancora in un altro luogo segreto.
ULTIMO NEL TEMPO, MA NON CERTO ULTIMO PER IMPORTANZA, IL SACRIFICIO FINO ALLA MORTE PER TORTURA DI KHALED ASAAD.
E’ ACCADUTO A PALMIRA.
In un mondo dove l’egoismo e la furbizia stravincono :
un uomo, l’archeologo Khaled Asaad, ha resistito a un mese di torture ed è stato decapitato. (vedi nostro articolo al link: http://www.donnecultura.eu/?p=23775)
Non ha mai voluto lasciare la sua città Palmira, dove era direttore dei Musei Archeologici.
Di lui l’archeologo, scrittore Valerio Massimo Manfredi ha detto :
“Mi sento ferito, offeso, indignato di fronte all’inerzia del mondo. Un’inerzia vergognosa e codarda”.

sabato 21 maggio 2016

Palmira: la cultura che unisce contro la barbarie che distrugge

Articolo originale qui

Presentato a Roma il progetto 'I belong to': 

un po' di Italia nella ricostruzione delle antiche rovine

Palmira: la cultura che unisce contro la barbarie che distrugge
Ci sarà anche un po' di Italia a Palmira. In un incontro tenutosi giovedì 19 maggio a Roma, infatti, è stato presentato il progetto, patrocinato dal Ministero del turismo siriano ed intitolato “I belong to” (“Appartengo a”), che l'associazione italiana di volontariato internazionale Solidarité Identités e la Comunità Siriana in Italiahanno deciso di portare nel nostro Paese.
Il progetto – scrive in proposito Ada Oppedisano su Il Primato nazionale – consiste nel mettere a disposizione dei donatori alcune riproduzioni della tavoletta su cui è stato inciso il trattato di pace più antico del mondo, realizzate dal celebre scultore siriano Mustafa Ali. Il ricavato di queste donazioni andrà direttamente a finanziare le opere di restauro dell'antica città di Palmira. Ed in segno di riconoscenza il ministero del turismo siriano offrirà al donatore un soggiorno per due notti in un celebre hotel di Damasco”.
Oltretutto – ed è importante quanto il contributo concreto alla ricostruzione – la realizzazione di questo progetto rappresenta “il rinnovo di un patto di amicizia e di fratellanza che lega da millenni i popoli mediterranei, in un ponte di solidarietà che parte da Roma per giungere a Damasco. La Siria – conclude Oppedisano – è un Paese che condivide con noi un destino comune, che si perde nella nascita della civiltà. In quella terra giacciono i frammenti di un passato glorioso, i segni indelebili di una grandezza che ci unisce nel solco della civiltà romana”.
CdG