mercoledì 30 marzo 2016

PALMIRA: così può rinascere dopo la furia dell'IS

da La Repubblica, 30 marzo 2016



di PAOLO MATTHIAE

La liberazione di Palmira dall’occupazione delle bande nere dell’Is, dopo dieci mesi di incontrastato e violento controllo della moderna cittadina di Tadmor e dello straordinario campo di rovine della città di Zenobia, apre uno scenario nuovo e complesso nella prospettiva del restauro, della ricostruzione e della rinascita delle opere, dei monumenti, del museo della spettacolare perla del deserto, fiorita per almeno tre secoli agli inizi dell’era cristiana in una posizione strategica fondamentale tra gli imperi di Roma, da un lato, e dei Parti prima e dei Sasanidi poi, dall’altro.
LA CONTA DEI DANNI
Pur nel travaglio di una crudelissima guerra civile che sembrava senza fine, l’accorta prudenza usata dall’esercito regolare della Repubblica Araba Siriana nel riconquistare una piccola città, un tempo di circa 80.000 abitanti ridotti a non molte centinaia dopo l’occupazione, ancor oggi strategica per raggiungere attraverso il deserto le città orientali di Raqqa e di Deir ez-Zor sull’Eufrate, ha evitato danni ulteriori alla città.
In queste ore, in cui il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon e la direttrice generale dell’Unesco Irina Bokova hanno pubblicamente espresso la loro soddisfazione per l’avvenuta liberazione, si contano sul campo i danni e si analizza la situazione drammatica delle distruzioni, si studiano le iniziative per la riabilitazione di un sito storico di incomparabile valore, si progettano ipotesi di interventi per la realizzazione di un compito obiettivamente difficile, problematico, complesso.
IL DIRETTORE DELLE ANTICHITÀ
Una notizia positiva è la presenza immediata a Palmira di Maamoun Abdulkerim, direttore generale delle Antichità e dei Musei di Damasco, di cui è apprezzato universalmente l’impegno tenace ed equilibrato per la disperata quanto efficace difesa di molti tesori archeologici tempestivamente sottratti ai rischi micidiali, paradossalmente, da un lato, delle distruzioni indiscriminate e, dall’altro, dello smercio sul mercato antiquario internazionale. Dati preliminari, ma finalmente documentati, cominciano ad essere disponibili proprio per le documentazioni fotografiche d’urgenza diffuse dalla Direzione generale delle Antichità e per i video con le riprese effettuate dai droni russi sulla distesa delle rovine della città antica.
RESTAURARE O RICOSTRUIRE?
Il dilemma di fondo, ovviamente, è: restaurare limitandosi a consolidare e stabilizzare lo stato di degrado estremo dei resti scampati alle esplosioni e agli abbattimenti brutali o restituire con le moderne avanzate tecniche di ricomposizione a quei resti sfigurati lo stato di rovine precedente all’imperversare della furia devastatrice dell’Is?
Le risposte possono essere molteplici, ma l’esempio di quanto è stato fatto, dopo i disastri della Seconda guerra mondiale, al centro monumentale di Dresda e al Peterhof presso San Pietroburgo, ma anche a Montecassino e a San Lorenzo a Roma, oggi che le tecniche che possono essere impiegate sono incomparabili a quelle del passato dopoguerra, appare illuminante e perseguibile. Si deve restituire al civilissimo popolo della Siria quanto la barbarie fondamentalista dell’Is ha voluto sottrargli.
Nel tempo della ricostruzione, tuttavia, ogni ingenuo volontarismo, ogni dilettantismo entusiasta, ogni interessata disponibilità non deve essere presa seriamente in considerazione. Alla gravità di un’emergenza drammatica devono fare riscontro conoscenze scientifiche, competenze comprovate, esperienze sperimentate nella piena trasparenza delle procedure e delle realizzazioni.


I TESORI PIÙ COLPITI
È fin da ora evidente che gli interventi prevedibili per queste restituzioni, secondo il livello di degrado dei monumenti e la complessità strutturale delle opere, dovranno affrontare problemi molto differenziati: il piccolo Tempio di Baalshamin, la grande cella del Santuario di Bel, i sepolcri a torre della Valle delle Tombe, la lunga Via Colonnata, annientati, come nei primi tre casi, o danneggiati come nel quarto, potranno tutti essere restituiti all’antico splendore, ma le difficoltà saranno assai differenziate. Problemi più ardui presenterà certo lo spettacolare sancta sanctorum del Tempio di Bel, polverizzato quasi certamente in molte delle sue straordinarie decorazioni scultoree. Benché apparentemente annientate, le torri funerarie, per la semplicità della loro struttura, potranno essere ri- costruite, mentre le molte sculture che ancora ospitavano sono in grandissima parte scomparse.
GLI INTERVENTI PIÙ SEMPLICI
Minori problemi offrirà il Tempio di Baalshamin, di cui, come rivela la documentazione fotografica, diversi elementi architettonici fondamentali sono scampati alla distruzione. I restauri alla grande Via Colonnata appaiono tra i più semplici da realizzare.
LA RINASCITA IN TRE PUNTI
Più esteso e disinteressato sarà l’impegno solidale che si metterà in campo, più positivo sarà il risultato della rinascita di Palmira.
Primo, è necessaria un’ampia e coordinata collaborazione internazionale di riconosciute autorità scientifiche.
Secondo, ogni intervento dovrà essere richiesto e ratificato dalle Autorità culturali della Repubblica Araba Siriana.
Terzo, tutte le attività dovranno svolgersi, al livello di progetto e di realizzazione, sotto il patrocinio effettivo dell’Unesco.
Dopo i disastri proditoriamente inferti a quel gioiello del patrimonio culturale universale che è Palmira, se la ricostruzione diverrà l’occasione di una nuova forma di colonialismo, si perpetrerà un secondo scempio, inaccettabile all’alba del terzo millennio.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

L’ARCHEOLOGO AMR AL-AZM “Lasciamo perdere il 3D crea solo dei simulacri”

da La Repubblica, 30 marzo 2016

di ANNA LOMBARDI

«Sì, il peggio sembra passato: anche se con lo Stato Islamico non si può mai dire, lo abbiamo già visto ritirarsi e poi tentare nuove offensive. Ma di sicuro a Palmira c’è tanto da fare: spero solo si agisca con metodo, senza compiere atti frettolosi». Il professor Amr Al-Azm è l’archeologo che per anni ha guidato i laboratori di restauro dei musei statali siriani. Ora vive in America, dove insegna all’Istituto di studi Mediorientali della Shawnee University, in Ohio. «I danni fatti dall’Is li conosciamo tutti, sono immensi. Ma la buona notizia è che durante l’offensiva non ne sono stati fatti di peggiori. Ora però bisogna vigilare sulla ricostruzione affinché non diventi un mero spot propagandistico».
Perché, cosa teme professore?
«Una ricostruzione frettolosa, che ignori il protocollo da applicare in questi casi. Fatta solo per dire al mondo che l’esercito di Assad è tornato in possesso di Palmira».
Quali sarebbero i passi necessari?
«Innanzi tutto documentare lo stato reale dei monumenti: perché oggi contiamo solo su foto prese da lontano o in segreto dai pochi attivisti ancora in zona. Bisogna mandare subito esperti sul terreno in grado di valutare la stabilità dei monumenti. E cominciare al più presto a raccogliere e catalogare i frammenti dei monumenti distrutti. Le pietre vanno recuperate e catalogate una ad una. Come in un puzzle, si tratta di un processo lungo, ma un restauro diverso potrebbe fare più danni».
E la ricostruzione con la tecnica 3D di cui si parla tanto?
«Con quella si possono al massimo realizzare simulacri che non avrebbero certo lo stesso valore di un restauro archeologico reale. La mia idea è che per l’Arco di trionfo si possa ancora fare qualcosa, le pietre sono lì. Mentre per il tempio di Bal, ecco, magari si può immaginare un restauro fatto con pietre vere e sopperire quelle mancanti col 3D. Ma in ogni caso sarà qualcosa di completamente diverso, perché in questo tipo di ricostruzioni devi mostrare cosa è autentico e cosa non lo è. Anche ricostruito, non sarà mai più in grado di dare la stessa emozione dell’originale».
Se fosse lei a decidere, cosa farebbe?
«Per me la soluzione migliore è restaurare al meglio quel che resta e magari creare un piccolo museo che raccolga la memoria di quei recenti fatti atroci: foto, pietre, testimonianze. Ma il dibattito è aperto».
A Palmira ci sono dei “Monuments Men”, attivisti che si occupano dei monumenti?
«Ci sono persone che fin quando l’area è stata sotto il controllo dell’Is hanno svolto una attività di monitoraggio fondamentale. Ma ora il loro ruolo sarà differente: e altrettanto complicato. Sappiamo che già in passato, ben prima dell’Is insomma, membri dell’esercito sono stati coinvolti in furti di opere archeologiche in quell’area. Non è escluso che questo si ripeta. E per gli attivisti locali denunciarlo potrebbe essere pericoloso proprio come sotto l’Is».
Sta dicendo che il fatto che l’esercito siriano sia a Palmira non preserva l’area?
«Non mi fraintenda: la presenza dell’Is era senz’altro la cosa peggiore. Ma soldati in un sito archeologico non sono storicamente mai stati una buona soluzione. Non sono interessati a prendersene cura e c’è sempre il rischio che singoli individui rubino qualcosa, anche se si tratterebbe di un danno minore rispetto ai furti istituzionalizzati dell’Is. Quello che serve è una presenza super partes. Ma per arrivarci serve ricostruire le infrastrutture e la città moderna, quasi interamente distrutta».
Pensa che sia prioritaria al restauro del sito archeologico?
«Dal punto di vista umanitario la priorità è assoluta. Bisogna far rientrare la gente in città, anche perché senza infrastrutture ogni restauro, appunto, è impensabile».
Il restauro di Palmira avrà un ruolo nel futuro della Siria?
«Assolutamente sì. Zenobia, la regina di Palmira che si ribellò al controllo romano, è una delle nostre principali eroine, quel luogo fa profondamente parte della nostra identità di siriani. Questa è una delle poche cose su cui concordano anche le parti ostili presenti ai negoziati di pace: il patrimonio culturale comune sarà la base per rifondare il Paese. È la nostra sola speranza di rinascita e di futuro».

©RIPRODUZIONE RISERVATA


“Ecco perché il Califfato colpisce soltanto certi monumenti”

da La Repubblica, 30 marzo 2016 


Qual è la strategia di distruzione dell’Is?  Un articolo del New York Times fa il punto sulla distruzione di monumenti a Palmira,  nel resto della Siria e in Iraq. Michael D. Danti, professore d’archeologia, spiega:  «Alcuni monumenti sono in condizionipeggiori di altri».  La tesi è che siano stati distrutti monumenti a forte significato simbolico, 
che rappresentano per l’Is “un’eresia” alla loro ideologia e servono ad alimentare la propaganda:  a Palmira, per esempio, i templi di Baal e di Baalshamin, due tombe, una sciita e l’altra sufi,  e la statua di Atena (sopra nella foto).


©RIPRODUZIONE RISERVATA

Palmira risorge in 3D grazie all’Italia: l’arco di trionfo disegnato da robot

Palmira risorge in 3D grazie all’Italia: l’arco di trionfo disegnato da robot

da Corriere.it

Due aziende toscane all’opera: saranno «stampati» blocchi di marmo grezzo e pietra arenaria. Il 70% del materiale verrà da Carrara o dalle Alpi. Il progetto sarà presentato a Londra a Trafalgar Square il 19 aprile. «Scultura» alta 15 metri, peso di 11 tonnellate

La «nuova» PalmiraLa «nuova» Palmira
shadow
Palmira «ricostruita» in 3D anche grazie a un’impresa italiana. L’antica città siriana devastata dall’Isis potrebbe risorgere grazie alla tecnologia messa a punto dal nostro Paese. Due società toscane stanno lavorando alla realizzazione dell’arco di trionfo di Palmira, costruito quasi 2 mila anni fa, ma polverizzato dai jihadisti lo scorso ottobre. TorArt, azienda di Carrara specializzata in scultura e fondata da Giacomo Massari con Filippo Tincolini, realizzerà l’arco distrutto nel sito archeologico in Siria in partnership con D-Shape, società fondata da Enrico Dini a Cascine (Pisa).

Presentato a Londra il 19 aprile


Gli esperti italiani hanno già presentato al governo degli Emirati Arabi la riproduzione in scala ridotta del tempio di Palmira. Prossima tappa, la ricostruzione in scala dell’arco di trionfo di Palmira, che sarà presentato a Londra a Trafalgar Square il 19 aprile. L’obiettivo, naturalmente, resta quello di installare presto o tardi il monumento in Siria, laddove oggi permane un cumulo di macerie. La tecnica utilizzata per ricostruire l’arco di Palmira è la stampa 3D, sfruttata da D-Shape per legare sabbia e roccia, stampando blocchi di marmo grezzo e pietra arenaria.

«Materiale da Carrara o dalle Alpi»


«Il 70% del materiale che useremo verrà da Carrara o dalle Alpi. Il giorno che ci sposteremo in Siria, utilizzeremo materiali locali», spiega al Corriere della Sera Enrico Dini, ingegnere e fondatore della società. Per la dimostrazione di Londra, infatti, verrà prodotto un arco dalle dimensioni ridotte, rispetto all’originale da installare in Siria. TorArt interverrà in un secondo momento, quando si renderà necessario lavorare e definire la sabbia stampata, per ottenere il monumento. «La nostra tecnica è sottrattiva, andiamo a togliere per dare forma. I robot lavorano assieme ai nostri scultori. Non c’è limite a quello che si può fare e in questi giorni stiamo scolpendo un David a grandezza naturale», dice Giacomo Massari, fondatore di TorArt, che ha stabilito il suo laboratorio dentro famose le cave di marmo di Carrara.
shadow carousel
Palmira «risorge» in 3D grazie all’Italia
«Alto 15 metri e peserà 11 tonnellate»

L’arco di trionfo di Palmira realizzato dalle due aziende italiane, sarà alto 15 metri e peserà 11 tonnellate. Per ricostruirlo saranno necessari circa 70 metri cubi di sabbia, per un controvalore di produzione superiore ai 100 mila euro, a cui vanno sommati i costi di finitura, montaggio e trasporto. Ciascun robot utilizzato da TorArt per la rifinitura ha un costo di circa 300 mila euro. «La volontà è ricostruire Palmira, ma anche i siti archeologici vittime di calamità naturali», ragiona Giacomo Massari. Da Pompei a Sibari, in Italia ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta. Eppure assistere al processo di definizione delle scanalature dell’arco, significa anche restituire a se stessi un po’ di quel senso di bellezza messo a dura prova dalle sconsiderate picconate dei terroristi. Un contributo essenziale alla ricostruzione dell’arco di Palmira è arrivato dall’Institute for Digital Archaeology di Oxford, partner dell’iniziativa assieme al governo degli Emirati Arabi. L’istituto ha distribuito oltre 5 mila fotocamere a civili e volontari in Medio Oriente, per fotografare monumenti e siti a rischio, rimpinguando il Million Image Database con migliaia di foto. Utili a riprodurre le opere in 3D, ma essenziali a restituirci la speranza, contro l’ondata iconoclasta con cui ISIS vuole distruggere la memoria del nostro passato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Carabinieri a Parigi per tavola rotonda UNESCO

Carabinieri a Parigi per tavola rotonda UNESCO

PARIGI, 29 MARZO – Le difficoltà di stabilire la provenienza di oggetti saccheggiati da siti archeologici: domani a Parigi il comandante della sezione Antiquariato  del Nucleo speciale dei Carabinieri per la protezione del patrimonio artistico e storico Gianpietro Romano ne parlera’ ad un’inedita tavola rotonda organizzata dall’UNESCO a Parigi sui movimenti delle proprieta’ culturali nel 2016.
L’evento, organizzato in collaborazione il Conseil des Ventes Volontaires (CVV), mettera’ assieme per la prima volta rappresentanti del mercato – inclusi esperti delle case d’asta e delle piattaforme online – con responsabili di musei, esperti di eredita’ culturale, organizzazioni specializzate governative e non governative e stati membri per valutare problemi, stabilire sinergie e rafforzare la cooperazione internazionale per affrontare con successo un problema a questo punto di scala mondiale.
Aprira’ i lavori l’italiano Francesco Bandarin, Assistente Direttore Generale dell’UNESCO per la cultura. Due esperti presenteranno lo stato dell’arte del mercato e del traffico prima della discussione tra rappresentanti del settore pubblico e privato. Al termine della giornata verranno adottate una serie di raccomandazioni. Tra i partecipanti, anche Corrado Calesi, coordinatore dell’unita’ opere d’arte all’INTERPOL.
L’iniziativa fa seguito a una recrudescenza di attacchi all’eredita’ culturale di paesi del Medioriente al centro di conflitti come Iraq, Siria, Libia e Yemen. Distruzioni e saccheggi in paricolare di oggetti archeologici sono usati da jihadisti come forma di propaganda o per finanziare ulteriori attivita’ terroristiche. A tutela del patrimonio culturale dell’umanita’, l’Italia ha proposto l’anno scorso una task force di caschi blu della cultura formata in parte da Carabinieri e in parte da esperti in storia dell’arte e restauro, che potrebbe entrare in azione per la prima volta a Palmira.
Palmira 
Palmira
“La nostra task force è operativa, è fatta da carabinieri del Nucleo Tutela patrimonio beni culturali e da civili specializzati, come restauratori, archeologi e architetti: è operativa e parte naturalmente su indicazione dell’Unesco e su richiesta della comunità internazionale, quindi vedremo nei prossimi giorni che scelte verranno fatte su Palmira e che tipo d’intervento verrà richiesto, ma noi siamo pronti”, ha ribadito il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, a margine della presentazione del progetto “Le vie del Giubileo: venti percorsi culturali a Roma per venti secoli di storia, arte e religioni”.
Franceschini ha ricordato che l’Italia ha lanciato più di un anno fa l’idea dei caschi blu della cultura, “ovvero una responsabilizzazione della comunità internazionale ad intervenire nei luoghi e nei siti culturali minacciati o distrutti dal terrorismo internazionale. Questa idea ha fatto molta strada: è stata approvata una risoluzione dell’Unesco, il premier Matteo Renzi ne ha parlato all’assemblea generale delle Nazioni Unite, siamo il primo paese ad aver fatto nascere una task force nazionale e ad avere su questo un protocollo d’intesa con l’Unesco”. (@alebal)

martedì 29 marzo 2016

The Strategy Behind the Islamic State’s Destruction of Ancient Sites

The Strategy Behind the Islamic State’s Destruction of Ancient Sites

A statue of Athena at the Palmyra museum was intact on March 22, 2014.Sergey Ponomarev for The New York Times
 
In an image released by the Syrian Arab News Agency on March 27, 2016 the statue is seen with its head and arm missing amid extensive destruction.Agence France-Presse — Getty Images
Photographs from inside the Palmyra museum reveal evidence that Islamic State militants “carried out acts of deliberate destruction of sculptures,” Michael D. Danti, a professor of archaeology at Boston University, wrote in an email. He also assessed the damage as severe, “with some monuments in better condition and some worse than expected.”
Palmyra’s triumphal arches, which date to the second century, as seen on March 22, 2014. Sergey Ponomarev for The New York Times
 
The remains of the arches, destroyed in October, in an image taken on March 27, 2016 from a slightly different angle. Maher Al Mounes/Agence France-Presse — Getty Images
Targeting a Site of Significance to Christians
St. Elijah’s Monastery, a 1,400-year-old stone structure near Mosul in northern Iraq where the Islamic State has been in control since June 2014, was likely razed between August and September 2014. It had survived previous conflicts for centuries. The oldest Christian monastery in Iraq, it was the site of a 1743 massacre of Christian monks who refused to convert to Islam and a 2003 battle between insurgents and American forces that resulted in the destruction of one of its walls.
St. Elijah’s Monastery near Mosul, Iraq, was intact in 2009. Eros Hoagland for The New York Times
A satellite image taken on Sept. 28, 2014, shows the destroyed monastery. DigitalGlobe, via Associated Press

A Systematic Threat to Palmyra
The Islamic State placed mines around two nearly 2,000-year-old temples in Palmyra, an ancient Roman site, in June 2015, according to a report by the Syrian Observatory for Human Rights. The militants then destroyed the Temple of Baalshamin dedicated to the sky god Baalshamin anddamaged the Temple of Baal, an even grander structure that was consecrated to the Semitic god Baal.
The Temple of Baal is shown intact in this satellite image on Aug. 27, 2015.Airbus DS via UNITAR-UNOSAT
 
The destruction of the main building of the Temple of Baal was confirmed by this satellite image on Aug. 31, 2015. UrtheCast via UNITAR-UNOSAT
The Temple of Baalshamin in Syria’s ancient city of Palmyra was intact on Oct. 26, 2009. Reuters
 
A photo released by an Islamic State website on Aug. 25, 2015, taken from another angle, shows the damage to the temple. via Aaron Y. Zelin
The Islamic State has controlled Palmyra since May 2015, and in a radio broadcast on May 27, 2015, an Islamic State leader in the city announced that the Roman ruins there would not be damaged. In August 2015, Charlie Winter, a researcher at the Quilliam Foundation specializing in jihadist movements, said that ISIS may be more likely to raze ancient structures in Palmyra as Syrian government forces move closer to the city.
500 FEET
PALMYRA
Decumanus
Temple of
Baalshamin
Tetraphon
Theater
Temple of Baal
Palm Groves
The New York Times|Source: Satellite image by DigitalGlobe via Bing Maps
The group has filmed executions at the ancient Roman theater near the damaged temple in recent months, and Matthew Hall, a fellow with the Atlantic Council’s Rafik Hariri Center for the Middle East, wrote that the Islamic State is “keenly aware that Palmyra offers a prominent stage.”The reports of damage to the temples came after the jihadists publicly beheaded Khalid al-Asaad, Palmyra's retired chief of antiquities, on August 18, 2015.
TURKEY
Ancient Villages
of Northern Syria
Ancient City
of Aleppo
1
Mosul
Erbil
Citadel
Raqqa
Nimrud
3
Hatra
4
Kirkuk
Deir al-Zour
Assur
5
Crac des Chevaliers
and Qal’at Salah El-Din
SYRIA
IRAQ
Homs
Palmyra
2
Tikrit
LEBANON
Samarra
Archaeological
City
IRAN
Areas of ISIS control
as of June 2015
Ancient City
of Damascus
Baghdad
Ancient City
of Bosra
JORDAN
50 MILES
ISIS Is Close to Several World Heritage Sites
1 Numerous historic structures have been destroyed over the course of the Syrian war.
2 ISIS destroyed the Temple of Baalshamin and damaged the Temple of Baal.
3 ISIS exhibited its destruction of this ancient Assyrian city in its propaganda.
4 The remains of this ancient Arab city are considered extremely vulnerable to destruction.
5 The first Assyrian capital may have been attacked by ISIS, but its status remains unclear.










The New York Times|Sources: United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization (Nimrud is on the Tentative World Heritage List); Institute for the Study of War (control areas); Satellite image by Landsat via Google Earth

Enormous Propaganda Value From the Attention

The Islamic State has said that the historical objects and sites it destroyed were heresy to its ideology, which is rooted in Wahhabism. In Palmyra, for example, the group blew up two historic tombs, one of a Shiite saint and another of a Sufi scholar, because it considers them to be forms of idolatry.In March 2015, the Islamic State released videos showing its militants shooting at and bulldozing Hatra and Nimrud, ancient sites in northern Iraq. The dramatic footage gained significant media attention, allowing the group to extend its message widely and potentially expand its recruiting. Eleanor Robson, a professor of ancient Middle Eastern history at University College London, wrote, however, that contrary to the common perception generated by the episodes, it was “far from the total destruction” that has been reported.
A still image from a militant video posted on YouTube on April 3, 2015, shows a militant hammering a wall in Hatra, Iraq.via Associated Press

Profiting as Part of a Large Network of Looters
The Islamic State took advantage of “an already thriving trade in looted antiquities” that had been established during years of conflict in Iraq and Syria, wrote Amr al-Azm, a professor of Middle East history and anthropology at Shawnee State University, for the Middle East Institute. Palmyra’s ruins had already been looted for some time before the Islamic State took control, for example.There are thousands of archaeological sites across Iraq and Syria, and although the Islamic State seems to be more efficient at moving antiquities, it is operating within a large, established system of looters.
The Islamic State used this Roman theater, shown in a 2014 photograph, in Palmyra, Syria, to film executions.Joseph Eid/Agence France-Presse