martedì 23 febbraio 2016

Spettri ideologici infieriscono sulle rovine senza tempo

Spettri ideologici infieriscono sulle rovine senza tempo
Scritto il 14.2.2016 da Valentina Porcheddu per Il Manifesto 


Beni culturali. Paolo Matthiae offre una cronaca ragionata delle devastazioni tra Oriente e Occidente: da Ninive a Cartagine dai santuari di Afrodite alla biblioteca Bayt al-Hikma

Sono spesso eventi catastrofici e violenti a «congelare» nei depositi archeologici resti di civiltà multiformi. Affinché il suo lavoro di ricostruzione storica abbia senso, l’archeologo deve dunque augurarsi di trovare nella terra impronte vigorose del passato. È questo l’amaro paradosso da cui parte Paolo Matthiae – studioso di archeologia del Vicino Oriente – per scrivere Distruzioni, Saccheggi e Rinascite Gli attacchi al patrimonio artistico dall’antichità all’Isis (Electa, pp. 263, euro 24,90). A lui – che con la scoperta di migliaia di tavolette cuneiformi riconsegnò alla luce la regale Ebla (Tell Mardikh, Siria) – spetta l’ingrato compito di analizzare distruzioni recenti e «agghiaccianti», che dissipano il patrimonio dell’umanità in nome di ideologie solo apparentemente nuove.
Il libro è denso e a tratti ostico, perché pagina dopo pagina si accumula il numero impressionante di monumenti e opere da rimpiangere, perdite doppiamente insopportabili quando la cancellazione di una memoria è frutto della scelleratezza degli uomini e non dell’implacabile furia della natura. L’Isis, afferma Matthiae, è un aberrante fenomeno contemporaneo, nel quale si possono ravvisare, tuttavia, istinti «umani» comuni a tutte le epoche trascorse. L’annientamento del nemico, considerato altro da sé e condannato alla perdita definitiva di ogni identità, non è prerogativa dei «soldati» del Califfo Al-Baghdadi.
Gli jihadisti che combattono i «falsi idoli» per tornare alla purezza dell’Islam, sono la malvagia proiezione di spettri ideologici che già si manifestarono nel passato. Con un linguaggio all’altezza di un pubblico di specialisti ma accessibile a tutti, Matthiae redige una cronistoria ragionata delle devastazioni tra Oriente e Occidente, non senza far trapelare i sentimenti che lo animano e che oscillano tra rabbia e costernazione più ci si avvicina al presente. «La città e le sue case, dalle fondazioni ai fastigi, distrussi, devastai, diedi alle fiamme. La cinta muraria interna ed esterna, i templi degli dèi, le torri templari di mattoni e di terra, quanti ve ne erano, io rasi al suolo»: recitano così gli Annali di Sennacherib d’Assiria nel rievocare la distruzione di Babilonia del 689 a.C.
Anche Ninive scomparve nel 612 a.C. per mano di Nabopolassar di Babilonia e del medo Ciassare: gli scavatori ottocenteschi del sito riconobbero gli sfregi nei volti di pietra dei re d’Assiria. Gerusalemme subì un assedio di oltre diciotto mesi. Del palazzo reale, del tempio di Yahweh e delle mura della città, Nabucodonosor II fece macerie: era il 586 a.C. Duecento anni dopo, come racconta Arriano nell’Anabasi di Alessandro, il grande condottiero macedone sentì l’impulso di schiacciare Persepoli. Vendetta fu compiuta per la sofferenza dei Greci, che videro cadere i templi di Atene sotto l’orda dei barbari d’Asia.
Dalle rovine di Cartagine cosparse di sale dai Romani nel 146 a.C. non nacque niente. Il tempio di Salomone depredato da Nabucodonosor II rifiorì, invece, durante il Rinascimento quando Francesco Borromini traspose ciò che di Gerusalemme andò perduto nella tortile Roma del barocco. All’epoca del Califfato degli Abbassidi, nel vero medioevo, la Bayt al-Hikma era la più magnificente biblioteca del tempo e raccoglieva manoscritti non solo arabi ma anche persiani e greci, siriaci, ebraici, copti e sanscriti. Il nipote di Gengis Khan diede Baghdad alle fiamme e una leggenda tramanda che il Tigri si tinse d’inchiostro, visto che l’esercito mongolo non risparmiò neppure il sapere.
La conquista e la distruzione totale di grandi centri del mondo antico avvenne, per Matthiae, in un quadro di opposizione frontale tra culture ostili ma, precisa lo studioso, accanimenti gravissimi si sono verificati nella storia anche nell’ambito di una medesima cultura. Basti pensare alla devastazione dei luoghi sacri ai pagani durante la Tarda Antichità, dopo che l’editto di Milano del 313 aveva «liberato» la religione cristiana. L’imperatrice Eudossia finanziò Giovanni Crisostomo affinché si scagliasse contro Afrodite, i cui santuari erano culle per riti licenziosi mentre gli apologeti infierirono su Mitra, Zeus e Asclepio allo stesso modo in cui i militanti dell’Isis hanno abbattuto gli dèi semitici della cosmopolita Palmira.
Fanatismo religioso e ideologia politica impugnano facilmente le armi, sembra dirci Matthiae, che non fa mai confronti diretti fra passato e presente ma fornisce al lettore gli strumenti per riflettere. La storia è percorsa frammento per frammento dall’autore. Non si tralasciano le vicende della Rivoluzione Francese del 1789, perché persino l’oblio della monarchia venne pagato con la distruzione di cinquantuno tombe di reali nella cattedrale di Saint-Denis e le ceneri dei cuori imbalsamati a Val-de-Grâce.
Arrivata al XX secolo, l’analisi dovrebbe cedere il passo a qualche risposta ma Matthiae preferisce porre a se stesso e agli altri una domanda che rincorre la sua eco. Come è possibile che dopo i micidiali bombardamenti della Seconda guerra mondiale, le cui vittime non furono superiori alle perdite di opere dell’ingegno umano – quattrocentodiciasette solo i capolavori di pittura italiana bruciati nella Flakturm Friedrichshain di Berlino – la storia si sia ripetuta? Coventry, Dresda, Hiroshima. Terrorizzare una popolazione attraverso la minaccia di una distruzione totale, umiliare l’orgoglio e la memoria di un popolo cancellando i simboli della sua eredità culturale, distruggere un’intera città e i suoi abitanti per costringere alla resa un popolo ostinato, sono pratiche che tornano tristemente d’attualità. Ad esse si aggiungono depredazioni e scavi clandestini che finanziano il jihad.
Eppure, all’indomani del 1945 l’Europa sembrava avere preso coscienza della universalità del patrimonio, che aveva favorito con la pace la nascita dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, le Scienze e la Cultura (Unesco). Il compito di salvaguardare il patrimonio dell’umanità sancito nell’articolo 1 della convenzione venne rafforzato in seguito ai conflitti in Medio Oriente con la Convenzione dell’Aja del 1954 ma le distruzioni perpetrate nel 2015 dallo Stato Islamico in Iraq e Siria e il business connesso al traffico di reperti archeologici, dimostrano l’inefficacia dei trattati internazionali. Se l’intangibilità del patrimonio culturale è una sfida dell’oggi, le rinascite – da Bamyan a Palmira – sono vincolate al superamento di altre utopie.
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mercoledì 17 febbraio 2016

«Difendere l’arte da guerre e catastrofi» L’Italia vara i Caschi Blu della cultura

da Il Giorno 17 febbraio 2016 
di Beatrice Bertuccioli 
ROMA  
PALMIRA, l’antica città romana devastata dall’Isis in Siria. I giganteschi Buddha distrutti dai talebani nel 2001 in Afghanistan. E’ la ‘pulizia culturale’. Il terrorismo annienta vite umane ma punta anche a cancellare quei tesori d’arte più di altri rappresentativi di un popolo, della sua cultura e identità. E quello che non ha distrutto lo mette in vendita nel mercato clandestino delle opere d’arte per finanziarsi. Talvolta, poi, ci si mette anche la natura, con la sua forza devastatrice. Contrastare questa varia e considerevole furia distruttrice, non è semplice, ma l’Italia è decisa a provarci, e lo fa per prima. E’ stata sancita ufficialmente ieri la nascita della task force dei Caschi Blu della cultura, ‘Unite for Heritage’, una nuova formazione che agirà in ambito internazionale sotto le insegne dell’Unesco, l’Organizzazione culturale dell’Onu. Ieri mattina, presso le Terme di Diocleziano (Patrimonio Unesco, con cumuli di mondezza accanto a uno degli ingressi), la firma e la presentazione da parte dei ministri dei Beni culturali, Dario Franceschini, degli Esteri, Paolo Gentiloni, della Difesa, Roberta Pinotti, dell’Istruzione, Stefania Giannini, e ancora del comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Tullio Del Sette e del direttore generale dell’Unesco, Irina Bokova.  Era stato il ministro Franceschini a lanciare l’idea dei Caschi Blu della cultura: una proposta poi accolta e sottoscritta, nell’ottobre scorso, da 53 Paesi. L’Italia, dunque, è la prima a mettere da subito a disposizione questa squadra, ma altri Paesi – si spera – faranno presto altrettanto. Per aiutare quei Paesi che da soli non ce la fanno, o che si trovano in una situazione di particolare emergenza.  LA TASK FORCE italiana è composta da trenta carabinieri del Nucleo speciale per la Tutela del Patrimonio Artistico e da trenta civili, esperti come archeologi o storici dell’arte o restauratori dell’Istituti Centrale del Restauro e dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. A Torino, come annunciato dal sindaco Piero Fassino, il centro per la formazione del personale per questa task force. Non interverranno durante i conflitti, ma quando gli scontri saranno finiti: per recuperare, catalogare, restaurare. Oppure prima, per tentare di mettere in sicurezza in vista di un conflitto. O ancora, potranno dare il loro contributo dopo una catastrofe naturale. «Una nazione è viva quando è viva la sua cultura», questo lo slogan dei Caschi Blu della cultura: la frase era scritta su un pezzo di stoffa messo sopra l’ingresso del Museo Nazionale di Kabul, nel 2002. Un monito poi scolpito su una targa in pietra.


Restauratori e militari nascono i “caschi blu” della cultura

Da: La Repubblica, 17 febbraio 2016
Restauratori e militari nascono i “caschi blu” della cultura
SARA GRATTOGGI
ROMA.
Sarà formata inizialmente da trenta carabinieri specializzati e da trenta esperti del Ministero dei Beni culturali, fra studiosi e restauratori dell’Opificio delle Pietre dure e degli istituti per la Conservazione e il restauro, per la Documentazione e il catalogo e per la Conservazione del patrimonio archivistico e librario. Ma in futuro ne faranno parte anche docenti universitari, che hanno già dato la propria disponibilità. È questo il volto della task force italiana di “Unite For Heritage”, nata ieri con la firma dell’intesa fra governo e Unesco. I “caschi blu della cultura” non entreranno in azione su fronti di guerra, ma interverranno preventivamente o ex post in aree di crisi o catastrofi naturali, su richiesta dell’Unesco, per pianificare operazioni di salvaguardia, formare il personale locale, stimare i danni al patrimonio e contrastare il traffico illecito di beni culturali, con cui spesso il terrorismo si finanzia. «Siamo il primo Paese che mette a disposizione dell’Unesco una task force per la difesa del patrimonio mondiale» ha sottolineato il ministro ai Beni culturali, Dario Franceschini, ricordando che è stata proprio l’Italia a presentare all’Unesco la proposta adottata all’unanimità lo scorso autunno. La task force – «un pezzo molto italiano della lotta al terrorismo » per il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni – potrà contare sull’esperienza dei carabinieri del nucleo Tutela patrimonio culturale, già impegnati in passato in Kosovo e in Iraq, dove hanno recuperato «1.700 reperti saccheggiati dal Museo di Bagdad» hanno ricordato il comandante generale dell’Arma, Tullio Del Sette, e la titolare della Difesa, Roberta Pinotti. E in futuro anche il Miur darà il proprio contributo, redigendo «liste di ricercatori e docenti nelle aree necessarie» ha spiegato il ministro Stefania Giannini. Con la speranza, espressa dal direttore generale dell’Unesco, Irina Bokova, che «molti altri Paesi seguano la strada dell’Italia». Nel frattempo, nascerà a Torino un Centro di formazione e ricerca Unesco sull’economia della cultura che «potrà essere utilizzato anche per la formazione del personale in aree a rischio».

Caschi blu della cultura, pronta la task force italiana al servizio dell’Unesco

Annalisa Cinque 

Nascono i «caschi blu» della cultura e l’Italia si conferma in prima linea per la difesa del patrimonio artistico mondiale nelle aree di crisi, minacciato dalla barbarie dei terroristi. Le immagini dello sfregio di Palmira, sito archeologico romano in Siria devastato dall’Isis, hanno fatto il giro del mondo. Diventando il simbolo di «un attacco contro identità, culture e religioni diverse», ha sottolineato il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini alla cerimonia che ha istituito la task force italiana «Unite for Heritage», la prima in assoluto che fornirà un sostegno sul campo all’Unesco. Il gruppo di pronto intervento, composto da personale specializzato civile e carabinieri per la tutela del patrimonio, avrà diversi compiti: valutare i rischi e quantificare i danni al patrimonio, ideare piani d’azione, formare personale locale, fornire assistenza al trasferimento di oggetti in sicurezza e rafforzare la lotta contro il saccheggio e il traffico illecito di reperti. «L’Italia esercita il suo naturale ruolo di leadership nella tutela del patrimonio culturale mondiale con oltre 170 missioni archeologiche in tutto il mondo», ha aggiunto Franceschini, ricordando che è stato il nostro Paese a presentare all’Unesco la proposta dei «Caschi blu». (Il Mattino) 

L’Unesco affida all’Italia i Caschi blu della cultura

Nel giro di poche settimane i Caschi Blu della Cultura saranno operativi. Ieri mattina è stata firmata l’intesa tra il Governo italiano e l’Unesco per la costituzione della task force italiana per la tutela del patrimonio culturale mondiale messe in pericolo da calamità naturali o conflitti. L’Italia mette in campo un primo contingente di 60 unità fra storici dell’arte, studiosi, restauratori e carabinieri del comando tutela patrimonio culturale per intervenire nelle aree di crisi. E apre anche un centro di formazione per i futuri componenti della task force. Il centro avrà sede a Torino, assisterà l’Unesco nell’attuazione della sua agenda e organizzerà corsi di formazione e attività di ricerca in difesa del patrimonio culturale. L’intesa è stata firmata dal ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Paolo Gentiloni e dal direttore Generale Unesco Irina Bokova alla presenza del ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, della ministra della Difesa Roberta Pinotti, della ministra dell’Istruzione Stefania Giannini e del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette.  
Il tempio Baalshamin distrutto dai terroristi dell’Isis a Palmira

Prevede la nascita sotto l’egida Unesco di una formazione internazionale ma composta per intero da italiani in grado di agire in situazioni di pericolo. «Un successo italiano nel nome della difesa della cultura e della civiltà», lo ha definito il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini. Un successo e un primato, ha sottolineato: «Siamo il primo Paese che mette a disposizione dell’Unesco una task force completamente dedicata alla difesa del patrimonio culturale mondiale. «La task force - ha spiegato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni - potrà operare con l’Unesco su diversi fronti, dagli interventi di emergenza alle calamità naturali, dal recupero e salvaguardia del patrimonio culturale e naturale al contrasto del traffico illecito. Il patrimonio culturale gioca un ruolo fondamentale nel rafforzare l’identità, la coesione e le capacità delle comunità umane, che sono presupposti per la convivenza pacifica e lo sviluppo sostenibile».  

In futuro, attraverso il contributo fornito dal Miur, entreranno a far parte di questa unità anche atenei e docenti universitari che hanno già manifestato la propria disponibilità. «Il Miur - ha spiegato la ministra Giannini - avrà il ruolo di individuare le competenze scientifiche e di redigere liste di personale qualificato a dare un contributo concreto all’iniziativa». La task force interverrà tramite l’Unesco su richiesta di uno stato membro che sta affrontando una crisi o colpito da una catastrofe naturale per stimare i danni sul patrimonio culturale, pianificare operazioni per misure di salvaguardia del patrimonio culturale e naturale colpito, fornire supervisione tecnica e formazione per assistere i restauratori locali nelle azioni di tutela, prestare assistenza al trasporto in sicurezza di beni culturali mobili, contrastare il saccheggio e il traffico illecito di beni culturali. 

«Spesso in passato ci siamo trovati a difendere beni di valore inestimabile in teatri di guerra - ha detto il ministro Pinotti - oggi per la prima volta costituiamo una struttura in grado di intervenire dove il patrimonio artistico e culturale è minacciato e di farlo in un quadro di legittimità giuridica. Siamo intervenuti in tante aree di crisi e continueremo a farlo sempre operando con rispetto per le autorità locali e per le sensibilità culturali dei luoghi in cui andremo, grazie anche alla grande esperienza dei reparti specializzati del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale».  

di Flavia Amabile, La Stampa 


martedì 16 febbraio 2016

Nascono i caschi blu della cultura

 
Roma, nascono i caschi blu della cultura. Franceschini: "Italia primo Paese" 
Al via la task force italiana "Unite for heritage" sancita dal memorandum firmato oggi nella Capitale tra il governo italiano e l'Unesco
 
16 febbraio 2016
 
"Siamo il primo Paese che mette a disposizione dell'Unesco una task force completamente dedicata alla difesa del patrimonio culturale mondiale. Spero siano molti i paesi a seguire questa strada": parole del ministro dei Beni e delle attivita culturali, Dario Franceschini, a Roma per la firma del memorandum tra Italia e Unesco per la costituzione dei caschi blu per la cultura, la task force italiana che sarà operativa da subito. "Siamo entrati in un tempo che non pensavamo di dover vivere - ha detto Franceschini - Il patrimonio del mondo non è più minacciato nel corso di un conflitto dalle azioni di guerra, come avveniva nella seconda guerra mondiale. Ora la distruzione viene filmata e usata come propaganda, a simbolo dell'eliminazione della cultura diversa". "Il patrimonio culturale è di tutti - ha concluso- e tutti abbiamo il dovere di proteggerlo e difenderlo". "La nostra risposta" agli attacchi contro il patrimonio artistico e culturale - ha commentato la direttrice dell'Unesco Irina Bokova - "è la ricostruzione di un mausoleo, il restauro degli scritti della sapienza islamica, dalla matematica all'astronomia. La nostra risposta è nella ricostruzione del ponte di Mostar". Gentiloni: passo importante contro il terrorismo "La coalizione Unite Heritage "è un pezzo molto italiano per la strategia dell'antiterrorismo. Molto italiano, ma che altri paesi e l'Unesco condividono e che, col passare del tempo, diventerà sempre piu' importante per il contrasto al terrorismo": così il mistero degli Esteri Gentiloni, presente alla cerimonia. Gli attacchi terroristici mirano a "cancellare la diversità e il pluralismo". "Con questa iniziativa - ha aggiunto - diamo il buon esempio, è l'Italia che fa l'Italia, e in una giornata come questa di oggi possiamo esserne orgogliosi". Come funzionerà la task force L'unità specializzata è formata dal nucleo carabinieri tutela patrimonio culturale e dagli istituti del Mibact, istituto superiore per la conservazione e il restauro, opificio delle pietre dure, istituto centrale per la documentazione e il catalogo e istituto centrale per la conservazione e il restauro per il patrimonio archivistico e librario. La formazione a Torino Alle terme di Diocleziano, durante una cerimonia affollatissima, anche il sindaco di Torino, Fassino, che con Franceschini e Gentiloni ha firmato un accordo internazionale per l'istituzione del nuovo centro di formazione Unesco nel capoluogo piemontese. Verranno così formati a Torino anche i funzionari che si occuperanno della difesa del patrimonio artistico e cultura del pianeta. Un'iniziativa fortemente voluta dall'Italia "L'Italia - ha detto Franceschini - è stata il primo Paese a parlare di caschi blu della cultura", in seguito all'indignazione per le distruzioni di siti archeologici compiute dall’Isis. Un progetto che ha preso il via lo scorso ottobre quando è stata approvata una risoluzione all'Unesco presentata dall'Italia e cofirmata da 53 Paesi. - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Nascono-caschi-blu-della-cultura-a-Roma-Franceschini-Italia-primo-Paese-db203361-7c3d-434e-b118-fe77c8759461.html

Caschi blu della cultura: cosa sono e a cosa servono

Archeopop ci spiega cosa sono e a cosa servono

I Caschi Blu della Cultura sono nati ufficialmente il 16 febbraio 2016 sotto l’egida dell’UNESCO. Si tratta di un’unità nazionale specializzata composta da Carabinieri e da esperti civili, costituita con l’obiettivo di operare in situazioni di guerra e di calamità naturali direttamente sul campo con compiti di formazione e operativi.
Gli accordi per la costituzione della task force italiana a difesa del patrimonio culturale sono stati siglati presso le Terme di Diocleziano di Roma dal Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e dal Direttore Generale UNESCO Irina Bokova, che hanno sottoscritto anche la costituzione di un centro di eccellenza per gli studi sull’economia della cultura, l’IRTECH, che avrà sede a Torino. Una giornata importante per l’Italia perché, come ha ricordato il Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini: “Siamo il primo Paese che mette in pratica la risoluzione, approvata dall’Unesco su iniziativa italiana, che prevede la creazione di una task force nazionale per la tutela del patrimonio”

Cosa sono i Caschi Blu della Cultura

La 38ª Conferenza Generale dell’Unesco (Parigi, novembre 2015) ha adottato una risoluzione per il rafforzamento delle azioni per la protezione del patrimonio culturale e il sostegno del pluralismo culturale in caso di conflitti armati, invitando tutti gli Stati membri dell’organizzazione a dare il loro contributo in tal senso.
Il Governo italiano ha proposto l’istituzione di un corpo speciale coordinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Turismo con la partecipazione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, del Ministero della Difesa e del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Questa task force italiana, chiamata #unite4heritage o più familiarmente Caschi Blu della Cultura, è composta da esperti altamente qualificati nel campo della salvaguardia, del recupero e della protezione del patrimonio culturale e ambientale, da personale del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, e si inserisce nel solco della “Unesco’s Global Coalition – Unite4Heritage” lanciata dal Direttore Generale dell’UNESCO Irina Bokova nel giugno 2015. Le spese per la costituzione e il mantenimento del corpo speciale saranno sostenute dal Governo, mentre il MIUR si è impegnato ad identificare competenze utili al progetto selezionando specialisti da inserire nella task force.
Il ruolo dei ricercatori è stato tenuto in grande considerazione nel corso della cerimonia e più volte rimarcato, anche dal Direttore Generale UNESCO Irina Bokova:
“Non ricordo di aver visitato una sola missione in cui non ci fossero archeologi ed esperti italiani”
caschi blu cultura domiziano

Funzioni e modalità di intervento dei Caschi Blu della Cultura

carabinieri tpc
Il nuovo logo dei Carabinieri TPC per la task force #unite4heritage
La task force #unite4heritage potrà agire su richiesta di uno Stato membro dell’Unesco che affronti una crisi politica o disastri naturali. Su assenso del Governo i Caschi Blu della Cultura potranno operare preventivamente, nel corso o subito dopo la conclusione della crisi con diverse funzioni:
  • valutazione dei danni e dei rischi per il patrimonio culturale e ambientale;
  • elaborazione di piani operativi e misure d’urgenza per la salvaguardia del patrimonio culturale e ambientale interessato da danni (catalogazione, expertise);
  • collaborazione con le autorità nazionali del Paese colpito, fornitura di supervisione tecnica e formazione del personale sullo sviluppo delle misure per la protezione del patrimonio culturale e ambientale;
  • messa in sicurezza del patrimonio culturale mobile e assistenza in caso di trasferimento da zone a rischio a luoghi sicuri;
  • contrasto del saccheggio e del traffico illecito di reperti attraverso le attività dei dipartimenti del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.

Cos’è l’ITRECH

Il secondo documento firmato il 16 febbraio presso le Terme di Diocleziano di Roma è un protocollo d’intesa per l’istituzione a Torino, sotto gli auspici dell’UNESCO, di un centro di formazione per l’economia della cultura.
Si chiamerà ITRECHInternational Training and Research center on the Economics of culture and World heritage, e sarà costituito come Ente autonomo e sostenuto da una serie di istituzioni internazionali, locali ed universitarie torinesi, tra le quali l’Università degli Studi di Torino, il Centro di Formazione Internazionale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ITC-ILO), il Consorzio La Venaria Reale e il Centro di Ricerca sull’Economia della Cultura “Silvia Santagata”. Il Centro, che opererà all’interno dell’area di proprietà del Comune di Torino denominata “Campus ONU”, sarà dotato di piena autonomia finanziaria e sarà pienamente responsabile, sotto ogni profilo, per la gestione amministrativa, contabile e finanziaria delle proprie attività.
I suoi obiettivi principali:

Caschi blu della cultura: la via italiana della lotta al terrorismo

Così l'on. Rampi oggi dopo la presentazione della task force italiana.

“Oggi alle Terme di Diocleziano l'Italia e l'Unesco insieme hanno dato vita alla prima task force di caschi blu della cultura. Esperti e Carabinieri che combatteranno il traffico di beni culturali, difenderanno il patrimonio, interverranno in zone colpite da disastri naturali”. Lo dichiara il deputato democratico Roberto Rampi. 
Una nazione è viva quando è viva la sua cultura

“Un risultato concreto e straordinario. Quando presentai la prima interrogazione su questo tema in Parlamento - aggiunge Rampi - mai avrei pensato che in tempi così rapidi si riuscisse ad arrivare alla fase operativa. Ancora non c'era stata Palmira. Ma c'erano state le distruzioni di Mosul, il traffico di reperti, la fuga delle nostre missioni archeologiche dalla piana di Ninive. L'Italia c'è e ha fatto la sua parte. E dopo la risoluzione parlamentare attraverso le decisioni prese prima a Milano Expo e poi all'assemblea dell'Unesco oggi quell'idea, quel bisogno diventa realtà.
“La tutela del patrimonio culturale - conclude l’esponente democratico - è lotta a una delle principali fonti di finanziamento del terrorismo e al tempo stesso la difesa della diversità culturale, della convivenza tra culture che è il vero nemico che il terrorismo combatte”.

Nascono i cashi blu della cultura


Martedì 16 febbraio alle ore 11 presso l’Aula X delle Terme di Diocleziano a Roma, il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Paolo Gentiloni, il Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania  Giannini e il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Tullio Del Sette parteciperanno, insieme al Direttore generale dell’Unesco, Irina Bokova, alla Cerimonia per la nascita della Task Force italiana "Unite for Heritage" a difesa del patrimonio culturale. Parteciperà anche il sindaco di Torino, Piero Fassino che, a margine della cerimonia, firmerà un Accordo internazionale con l’Unesco per l’istituzione del nuovo Centro di formazione a Torino.
Fonte: Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo

lunedì 15 febbraio 2016

"Caschi blu" della cultura, una task force contro le distruzioni dei patrimoni dell'umanità

Da La Repubblica 15 febbraio 2016

Si terrà domani alle 11 a Roma la cerimonia di presentazione dei "caschi blu" della cultura. Alla cerimonia per la nascita della task force italiana "Unite for Heritage", a difesa del patrimonio culturale, presso l’Aula X delle Terme di Diocleziano, saranno presenti il ministro dei Beni e delle attività culturali (Mibact) Dario Franceschini, il ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni, il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini e il comandante generale dell’Arma dei carabinieri Tullio Del Sette e il direttore generale dell’Unesco, Irina Bokova. A margine della cerimonia si terrà la firma dell'accordo internazionale con l’Unesco per l’istituzione del nuovo Centro di formazione a Torino, alla quale parteciperà anche il sindaco di Torino Piero Fassino.
Esplosioni nella città di Palmira

I “caschi blu della cultura” saranno una task force dell’Onu preparata per intervenire a protezione del patrimonio artistico e culturale dell’umanità. Scongiurando che si ripetano in futuro episodi come la distruzione dei Buddha di Bamyan da parte dei talebani o gli sfregi dell’Is contro l’antica città di Palmira in Siria. Si aggiunge così una nuova tessera alle attività svolte dalle Nazioni Unite nel campus di corso Unità d’Italia. L’accordo con l’Unesco per la nascita del nuovo centro di formazione internazionale a Torino sarà firmato martedì prossimo, a Roma, dal sindaco Piero Fassino.

Nati su iniziativa dell’Italia sull’onda dell’indignazione per le distruzioni compiute dall’Is, i caschi blu della cultura sono stati approvati dall’Unesco lo scorso 17 ottobre: 53 paesi hanno votato per acclamazione la proposta del premier Matteo Renzi e del ministro Dario Franceschini.
Il progetto prevede la creazione di un’unità nazionale specializzata, formata da carabinieri e civili italiani. Con quali funzioni? Intervenire in situazioni di guerra e di disastri naturali, con compiti di formazione, ma anche operativi a protezione del patrimonio minacciato e dare consigli ai governi locali.

 

lunedì 8 febbraio 2016

I rifugiati Siriani ricreano i monumenti distrutti per ricordare la propria ricchezza architettonica e culturale

Ismail Hariri scolpisce una figura nella roccia


Il conflitto che ha distrutto la Siria continua a costringere milioni di persone a scappare dalla guerra, fuggendo una realtà di distruzione assolutamente insopportabile. La situazione dei rifugiati è drammatica, costretti a guardare i propri cari che muoiono e il proprio paese lentamente disintegrato da un conflitto senza senso. Oltre al dolore personale, la popolazione Siriana ha dovuto fronteggiare lo scempio morale della distruzione delle proprie antichità archeologiche, come ad esempio l’antica e bellissima città di Palmira, patrimonio mondiale dell’UNESCO che, oggi, è ormai quasi perduta. I rifugiati non sono stati in grado di fare nulla, ma hanno soltanto potuto guardare l’ISIS che distruggeva un patrimonio artistico e culturale con oltre 2 millenni di storia.
Il campo profughi di Za’atari nella confinante Giordania è il secondo più grande del mondo, e sta lentamente diventando un insediamento permanente per le persone in fuga dalla Siria. Qui un gruppo di artisti siriani hanno ricreato dei modellini in miniatura dei monumenti che sono stati distrutti dall’ISIS. Questi piccoli modelli sono un atto di sfida nei confronti dello stato islamico: i siti originali possono anche esser distrutti, ma la ricca storia della Siria non andrà mai perduta.
In un colloquio con l’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR), Mahmoud Hariri, un insegnante d’arte e pittore siriano, ha spiegato: “Questo è un modo per non dimenticare. Come artisti, abbiamo un ruolo importante da svolgere. Molto di ciò che sappiamo delle antiche civiltà e della preistoria ci è stato tramandato mediante geroglifici o pitture rupestri. Le repliche sono state realizzate utilizzando qualsiasi materiale, dall’argilla alla roccia ma anche al kebab o al legno di scarto. Nonostante la povertà dei materiali, i piccoli modelli sono un simbolo importante per raffigurare la determinazione del nostro popolo".



sabato 6 febbraio 2016

Syrian Refugees Are Recreating Demolished Monuments in Miniature


These artists are recapturing the iconic landmarks destroyed by militants  

smithsonian.com
As Islamist militants continue to systematically destroy some of the world’s most iconic and treasured monuments through Syria and parts of the Middle East, a group of Syrian refugees are making sure their history won’t be forgotten by recreating many of Syria’s lost monuments in miniature.
About a year ago, a community leader in Jordan’s Za’atari refugee camp named Ahmad Hariri brought together a group of Syrian artists to recreate historical sites and monuments that have been lost to the war they fled from. Using scant materials available at the refugee camp, such as discarded pieces of wood, clay and rocks, the artists are working to make sure that their history won’t disappear for good, Linda Poon reports for CityLab.
“As artists, we have an important role to play,” art teacher and painter Mahmoud Hariri (no relation to Ahmad) tells Charlie Dunmore for the UN Refugee Agency's Tracks. “A lot of what we know about ancient civilizations or prehistoric people is preserved through their art—Egyptian hieroglyphs or cave paintings.”



In addition to Mahmoud’s clay and wooden kebab skewers recreation of the ancient city of Palmyra, (parts of which were damaged beyond repair by ISIS militants in August), artists in the group have built miniaturized replicas of iconic historical sites like Damascus’ Umayyad Mosque, the Citadel of Aleppo, and water wheel called the Norias of Hama that was constructed more than 750 years ago. Working from photographs, paintings, and illustrations, the group’s models are intricately detailed down to the last brick, though the largest models are only about as big as a small table. Currently, the models are on display throughout the Za’atari camp and in Jordan’s capital, Amman, Poon writes.
“It seems to touch a nerve with people. It speaks to their experience, the fact that they can't go home and see the sites for themselves,” Dunmore, a UN refugee agency worker, tells Poon. “Obviously they can't do anything about what's happening in Syria and to the actual sites, but there was a real sense that they are really helping to preserve the site, if not physically then [at least] the memory of them.”
For the millions of Syrian refugees worldwide, maintaining a connection to their homeland and culture is important not just for the older refugees who remember the monuments, but for the children who are growing up in refugee camps. Though the artists may not have access to all of the materials they would like, these models can help pass on historical knowledge about their country to the younger generations, some of whom Ahmad says may know more about Jordan than their homeland, Dunmore writes. At the same time, this project gives people like Mahmoud a chance to practice their skills, as the conflict back in Syria drags on.
“When I first arrived [at the Za’atari refugees camp] I didn’t think I would continue my work as I only expected to be here for a week or two,” Mahmoud tells Dunmore. “But when I realised it would be years, I knew I had to start again or lose my skills.”
Meanwhile, archaeologists around the Middle East are rushing to document endangered historical sites before they are destroyed by the fighting, using 3D-scanning technology to create detailed digital models. This coming spring, a pair of 3D-printed arches replicating the Palmyra’s Temple of Bel's own arches that escaped being fully demolished by ISIS militants will be installed in New York City and London as a gesture of defiance against the group’s destruction of heritage sites.

venerdì 5 febbraio 2016

Palermo ricorda Khaled Al Asaad

Patrimonio in guerra. Il museo archeologico Antonino Salinas intitola una sala allo storico direttore delle antichità di Palmira, barbaramente ucciso dall'Isis

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La sala Khaled Assad
Il 5 febbraio, al Museo Archeologico Antonino Salinas di Palermo – la prima istituzione museale della Sicilia, formatasi nel 1814 come museo dell’Università e divenuta  nazionale nel 1860 – verrà intitolata una sala a Khaled al-Asaad, storico direttore delle antichità di Palmira, barbaramente ucciso da militanti dell’Isis il 18 agosto 2015. La decisione di dedicare la nuova saletta dei sarcofagi fenici della Cannita all’archeologo siriano scaturisce dal desiderio di onorare un studioso impegnato nella difesa del patrimonio, specie nel tragico scenario di guerra che ha preceduto il suo assassinio. Ma la dedica vuol essere anche un auspicio per un dialogo tra culture ed è significativo che sia proprio un luogo che custodisce oggetti appartenenti a diverse civiltà del Mediterraneo antico a trasmettere un messaggio di pace per il futuro.
Nella medesima giornata del 5 febbraio, gli studenti del Liceo Classico «Giovanni Meli» di Palermo s’intratterranno con Paolo Matthiae – illustre specialista del Vicino Oriente e presidente della Fondazione Whitaker che, assieme all’Assessorato per i Beni Culturali della Regione Sicilia, patrocina l’evento – sul tema delle distruzioni e dei saccheggi operati dallo Stato Islamico in Iraq e Siria. Il coinvolgimento delle scuole s’inserisce in una serie di progetti intrapresi dal Museo Salinas per avvicinare il museo alla città, soprattuto ora che il seicentesco complesso monumentale dei Padri Filippini dove sono ospitate le collezioni è chiuso al pubblico per lavori di restauro.
«Da qualche anno stiamo investendo molto sull’aspetto educativo dell’archeologia – dice Francesca Spatafora, direttrice del museo, al Manifesto –; affinché l’intera società civile diventi responsabile del proprio patrimonio, abbiamo anche voluto portare una serie di reperti punici nel carcere minorile Malaspina di Palermo. Un’esperienza emozionante e fruttuosa, grazie alla quale i detenuti – per la maggior parte di origine nordafricana – hanno imparato a riconoscere le proprie radici e sentirsi parte di una città come Palermo, multietnica fin dal passato». In fondo fu lo stesso Salinas, in una lettera a Michele Amari del 14 aprile 1874, a dire che «il museo ha da essere scuola».

martedì 2 febbraio 2016

Come l'ISIS fa soldi con l'arte - Intervista a Fabio Isman, esperto di ricettazione di opere d'arte

Articolo pubblicato il 30 gennaio 2016 su La Voce di New York



Vi spiego come l’ISIS fa soldi con l’arte
Intervista a Fabio Isman, esperto di ricettazione di opere d'arte: l'ISIS è una grave minaccia

Il traffico di opere d'arte rende più della droga e si basa su una struttura gerarchicamente molto ben definita e funzionale alla diffusione degli oggetti. “La comunità internazionale deve fare prevenzione, cominciando con l’istituzione dei Caschi blu della Cultura, come richiesto dall’Italia”

di Ilaria M. P. Barzaghi -
C’è profonda preoccupazione per la sistematica devastazione di opere d’arte e siti archeologici nei territori controllati dall’ISIS, organizzazione che si dichiara intenzionata a cancellare tutte le testimonianze iconografiche, artistiche, culturali di civiltà, ritenute contrarie alla vera fede. La comunità internazionale è stata particolarmente scossa dagli scempi operati a Palmira, dove è stato brutalmente assassinato l’archeologo Khaled al-Asaad, 82 anni, grande studioso che ha valorizzato e difeso a costo della vita il patrimonio culturale della città siriana in cui era nato.
Ma c’è anche altro, di cui si parla meno: la distruzione di copie di opere d’arte a scopo propagandistico (sono comunque immagini che testimoniano una cultura) e soprattutto le finte distruzioni o distruzioni parziali che servono a coprire il commercio illegale delle opere d’arte trafugate, fonte di sovvenzionamento per l’ISIS insieme al petrolio.
Si stima che il traffico di opere d’arte renda più del traffico di droga, ed è certo che provochi un allarme sociale molto minore: è ancora decisamente bassa, inadeguata, la percezione dei danni patrimoniali e culturali che produce (i contesti da cui si prelevano i pezzi da rivendere vengono irreversibilmente cancellati e resi illeggibili).
Conosce molto bene questo fenomeno Fabio Isman, monumentale giornalista di lungo corso – notissimo tra l’altro per aver pubblicato nel 1980 sul Il Messaggero alcuni estratti degli interrogatori di Patrizio Peci (il primo pentito delle BR) – che da decenni se ne occupa con competenza e istinto da segugio. Gli chiediamo perciò di aiutarci a capire meglio i termini del problema in questa fase storica.
Il mercato internazionale è in grado di assorbire questi reperti archeologici trafugati? Chi li compra?
“Il mercato è sempre pronto a prendere nuova ‘roba’. Non più i vecchi, grandi musei, che ormai si sono dati qualche regola (tranne che in Italia…), ma le case d’asta internazionali, che nascondono la provenienza degli oggetti (o nel migliore dei casi sono reticenti) e di fatto sono in grado in questo modo di ‘ripulire’ gli oggetti ricettandoli (come in altri contesti si lavano i soldi sporchi nda.). Poi ci sono le nuove frontiere del mercato, ‘nuovi’ stati interessati: in Oriente, nell’Europa dell’Est, tra i paesi balcanici. Soprattutto, è un mercato a cui non è affatto difficile far assorbire i pezzi che danno meno nell’occhio. Basti pensare che solo dall’Italia approssimativamente tra il 1970 e il 2000 sono stati trafficati circa un milione e mezzo di pezzi scavati illegalmente, secondo una stima dell’Università di Princeton”.
Tu hai studiato molto a fondo le dinamiche del mercato clandestino delle opere d’arte: quali ritieni siano gli strumenti che la comunità internazionale ha a disposizione per intercettare questi oggetti e impedire che siano commercializzati (rendendo così inutile il loro trafugamento)?
La comunità internazionale deve decidere di fare attività preventiva, cominciando con l’istituzione dei Caschi blu della Cultura, come richiesto dall’Italia. E naturalmente ha la massima importanza il controllo del territorio, anche dal cielo, visto che ormai i mezzi ci sono tutti: si possono usare i satelliti e i droni, anche nel caso di zone pericolose”.
Come giornalista di grande esperienza ritieni che i mass media stiano dando la giusta attenzione a quanto sta avvenendo? C’è percezione della gravità della situazione nell’opinione pubblica (in Italia e nel mondo) a tuo parere?
Soprattutto all’estero c’è senz’altro un forte allarme per la situazione di grave minaccia al patrimonio culturale nei territori controllati dal Daesh (preferisco chiamarlo così anziché ISIS, perché non è un vero stato islamico). Per quanto riguarda l’Italia, da noi non c’è assolutamente percezione della gravità di quanto è avvenuto e avviene nel nostro paese”.
Nel tuo libro I predatori dell’arte perduta. Il saccheggio dell’archeologia in Italia ricostruisci molto dettagliatamente il saccheggio organizzato su vasta scala nel nostro paese, la cosiddetta grande razzia, nel corso di circa 30 anni (1970-2000). Cos’è cambiato, com’è la situazione in Italia adesso?
Gli scavi clandestini continuano, non si sono mai fermati, così come il mercato illegale. Il mestiere del tombarolo è una piaga endemica, forse è questo il mestiere più antico del mondo… Il fenomeno, dopo la forte azione di contrasto degli ultimi anni è meno ingente, ma nelle aste il mercato è in ripresa. Quando nel 1971 il celebre Cratere di Eufronio (grande ceramista attico attivo tra 520 e 490 a.C., nda), portato via da Cerveteri è stato venduto al Metropolitan per un milione di dollari (poi restituito all’Italia nel 2008, nda.), hanno capito che si apriva un mercato illegale dalle possibilità straordinarie, in cui si sono buttati in molti. Ora grandi musei come il Met e il Getty (il caso in assoluto più eclatante), non comprano più (sono stati anzi messi nelle condizioni di restituire almeno una parte delle opere di provenienza illecita), ma tantissimi privati sì. Sappiamo da parecchie indagini che esistevano (esistono) molti altri magazzini pieni zeppi di opere che non sono mai stati scoperti”.
La figura del tombarolo è malintesa. Si pensa spesso a una persona modesta che arrotonda scavando e portando alla luce qualche coccio o oggetto come il principale responsabile del traffico di reperti archeologici scavati di frodo. Ma non ci sono solo i piccoli operai dello scavo. Tu parli di una “piramide” di attori con ruoli gerarchicamente ben definiti. E pubblichi anche un vero e proprio organigramma. Di cosa si tratta?
Effettivamente esiste una struttura gerarchicamente molto ben definita, una piramide alla cui base ci sono i piccoli scavatori, che parlano in dialetto, sopra di loro i mediatori locali, poi i mediatori internazionali, e infine i mercanti che trattano con gli acquirenti, in grado di operare ad altissimo livello, di agire internazionalmente, che lavorano in inglese. È una configurazione assolutamente funzionale alla diffusione degli oggetti. È stato trovato un documento preziosissimo, un organigramma scritto a mano, sequestrato dai Carabinieri nel 1996, che ha consentito di comprendere l’organizzazione aldilà di ogni dubbio”.
In questo tipo di indagini, come in tutte quelle relative a una rete criminale organizzata (ovvero ai reati associativi), sono state decisive le intercettazioni.
Assolutamente fondamentali. Perché esiste il mafioso pentito, esiste il terrorista pentito, che parlano. Ma non esiste il tombarolo pentito e l’unico modo per scalfire la straordinaria omertà di questo ambiente sono le intercettazioni. Oltre tutto molti sono i legami e le compromissioni con la mafia. Non potersi più avvalere di questo strumento comporterebbe un danno enorme, la paralisi della lotta a questo tipo di attività”.
A proposito del legame tra terrorismo e traffico clandestino di opere d’arte, c’è un precedente inquietante: sembra che Mohamed Atta, uno degli attentatori dell’11 settembre, stesse cercando di vendere reperti afghani per finanziare l’acquisto di un aereo. Questa vicenda è stata chiarita? Si è saputo se è stato poi comprato un aereo che però non è stato usato nell’attentato?
Si sa che Atta stava cercando di capire come piazzare dei reperti archeologici afghani in Germania, circostanza che è stata testimoniata da una docente di Gottinga. Ma non è stato dimostrato altro. Gli aerei usati l’11 settembre, come sappiamo, erano di linea. Certamente l’arte è una risorsa finanziaria importante, sia per i terroristi che per la mafia. I Carabinieri ritengono che la Natività di Caravaggio, rubata a Palermo nel 1969, sia nelle mani della mafia. E pensiamo anche alla collezione di Ernesto Diotallevi, il boss della Magliana, sequestrata nel 2013: comprendeva tra l’altro quadri di Balla e Schifano, per un valore di circa un milione di euro”.
Cosa resta da fare sia su scala nazionale che internazionale?
Vanno cambiate le leggi. Rutelli e Veltroni avevano preparato degli articolati di legge che poi sono stati lasciati cadere: nel nostro paese, se rubi una mela o un paio di jeans, vai in galera; se rubi un reperto archeologico, no. Il reato di ricettazione deve essere permanente, in modo che i tempi per la prescrizione siano più lunghi. Va intensificato il controllo del territorio, anche satellitare; bisogna smettere di ridurre il numero dei Carabinieri del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale, tagliati dalla spending review. E anche la magistratura ha bisogno di interventi. Un magistrato come Paolo Ferri, che ha inquisito 2.500 indagati su 10.000 (un quarto!), è stato uno straordinario esperto di questo tipo di reati, bravissimo con le rogatorie internazionali, ma ora è in pensione: bisogna formare, allevare una nuova generazione di magistrati specializzati e aprire delle sezioni specifiche per questo ambito. Anche le norme internazionali vanno riviste: è decisamente necessaria una maggiore collaborazione tra Stati, anche ai fini di una omogeneità giuridica che tuttora non c’è. C’è ancora molto da fare. Il problema è che i beni culturali… non votano”.
Il tuo ultimo libro Andare per le città ideali (in uscita a fine gennaio) è una panoramica sull’utopia per così dire “incarnata” in un progetto urbanistico in Italia, dall’antichità, attraverso la ricchezza delle realizzazioni del Rinascimento, fino al Novecento con i villaggi operai come Crespi d’Adda e le città nuove nate dal fascismo delle bonifiche. Qual è la lezione che queste diverse declinazioni dell’utopia possono trasmettere alla città contemporanea, ai progettisti del XXI secolo? E come dialogano con il territorio?
Il dialogo con il territorio è splendido. Le città ideali sono abitate, e vive. Negli ultimi anni per fortuna sono di nuovo apprezzati i valori paesistici, c’è un’attenzione molto più forte ai paesaggi: queste città hanno smesso di essere cose ingombranti, come è successo in passato, e oggi si ha la consapevolezza che sono fonti di ispirazione e bellezze da salvare”.