Patrimonio in guerra. Il
museo archeologico Antonino Salinas intitola una sala allo storico
direttore delle antichità di Palmira, barbaramente ucciso dall'Isis
Il 5 febbraio, al Museo Archeologico Antonino Salinas di Palermo – la
prima istituzione museale della Sicilia, formatasi nel 1814 come museo
dell’Università e divenuta nazionale nel 1860 – verrà intitolata una
sala a Khaled al-Asaad, storico direttore delle antichità di Palmira,
barbaramente ucciso da militanti dell’Isis il 18 agosto 2015. La
decisione di dedicare la nuova saletta dei sarcofagi fenici della
Cannita all’archeologo siriano scaturisce dal desiderio di onorare un
studioso impegnato nella difesa del patrimonio, specie nel tragico
scenario di guerra che ha preceduto il suo assassinio. Ma la dedica vuol
essere anche un auspicio per un dialogo tra culture ed è significativo
che sia proprio un luogo che custodisce oggetti appartenenti a diverse
civiltà del Mediterraneo antico a trasmettere un messaggio di pace per
il futuro.
Nella medesima giornata del 5 febbraio, gli studenti del Liceo
Classico «Giovanni Meli» di Palermo s’intratterranno con Paolo Matthiae –
illustre specialista del Vicino Oriente e presidente della Fondazione
Whitaker che, assieme all’Assessorato per i Beni Culturali della Regione
Sicilia, patrocina l’evento – sul tema delle distruzioni e dei
saccheggi operati dallo Stato Islamico in Iraq e Siria. Il
coinvolgimento delle scuole s’inserisce in una serie di progetti
intrapresi dal Museo Salinas per avvicinare il museo alla città,
soprattuto ora che il seicentesco complesso monumentale dei Padri
Filippini dove sono ospitate le collezioni è chiuso al pubblico per
lavori di restauro.
«Da qualche anno stiamo investendo molto sull’aspetto educativo
dell’archeologia – dice Francesca Spatafora, direttrice del museo, al
Manifesto –; affinché l’intera società civile diventi responsabile del
proprio patrimonio, abbiamo anche voluto portare una serie di reperti
punici nel carcere minorile Malaspina di Palermo. Un’esperienza
emozionante e fruttuosa, grazie alla quale i detenuti – per la maggior
parte di origine nordafricana – hanno imparato a riconoscere le proprie
radici e sentirsi parte di una città come Palermo, multietnica fin dal
passato». In fondo fu lo stesso Salinas, in una lettera a Michele Amari
del 14 aprile 1874, a dire che «il museo ha da essere scuola».
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