Visualizzazione post con etichetta Siria. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Siria. Mostra tutti i post

venerdì 20 gennaio 2017

Palmira: Isis distrugge il Tetrapilo e la facciata del teatro romano


I militanti dell'Isis hanno distrutto la facciata del teatro romano e il Tetrapilo nella città di Tadmu, l'antica città siriana di Palmira, nota per il sito archeologico patrimonio dell'umanità. Lo riferisce l'agenzia di stampa ufficiale siriana Sana, che cita "fonti della società civile" e lo si vede in queste immagini scattate da un satellite di Digital Globe. Il Tetrapilo, di epoca romana, è considerato uno dei 'gioielli' del sito di Palmira. I jihadisti dell'Is hanno nuovamente occupato lo scorso dicembre la città che si trova nella provincia di Homs, nella Siria centrale, dopo che a marzo le forze di Damasco avevano ripreso il controllo della zona. 


giovedì 12 gennaio 2017

La spedizione di Lilia tra i tesori di Palmira prima del disastro dell’Isis

Lo scavo di Palmira (foto archivio Palmais)

L’unica archeologa brianzola in Siria e ha conosciuto lo studioso Khaled al Asaad



Da piccola no, non lo sapeva cosa avrebbe voluto fare da grande. «Cambiavo idea ogni due per tre», racconta oggi Lilia Palmieri. «Ma certo non immaginavo che mi sarei ritrovata un giorno ad essere la sola archeologa brianzola a partecipare all’unica missione archeologica italiana in una delle più importanti città romane del Vicino Oriente, Palmira, in Siria».

Lilia Palmieri

E invece Lilia Palmieri per anni ha scavato a Palmira, fino a che la guerra siriana ha costretto ad abbandonare la città, lasciandola in mano alle milizie dell’Isis che hanno devastato e distrutto, arrivando fino ad uccidere senza pietà l’archeologo siriano Khaled al Asaad. Venerdì sera Lilia Palmieri, racconterà di «Palmira, tra storia, archeologia e attualità» in una tavola rotonda a ingresso libero organizzata dal liceo classico Banfi, a partire dalle 18.30. Accanto a lei anche Antonio Sartori, per anni docente di epigrafia latina e storia romana all’università degli Studi di Milano che racconterà invece di Zenobia, la famosa regina della città. E al termine del dibattito, guidato dal professor Mauro Reali, verrà scoperta una targa in memoria di al Asaad. «Mi troverò davanti a ragazzi che come me hanno scelto di frequentare il liceo classico. Io, monzese doc, classe 1976, andai al liceo Zucchi, e fu lì che a poco a poco mi innamorai del mondo greco e romano. Ma la grande storia non mi bastava, volevo conoscere le microstorie, quelle della vita di ogni giorno, della gente comune, e l’archeologia te lo permette». Da qui la laurea e poi la specializzazione all’università degli studi di Milano, i primi scavi sedici anni fa in un importante sito Romano a Calvatone, nel cremonese, «poi nel 2007 Maria Teresa Grassi, docente di archeologia delle province romane, un giorno mi chiamò nel suo studio e mi disse: coordinerò la prima missione archeologica italiana a Palmira, in collaborazione con studiosi siriani: tu verrai con noi. Ascoltavo e non avevo neanche la forza di ringraziare. Partimmo. Ci avevano assegnato un’enorme area di undici ettari, il quartiere a sud ovest, per tanti anni le ricerche si erano concentrate sui grandi monumenti di cui è ricca la città, noi dovevamo invece occuparci di un ambito di studio meno noto, Dovevamo documentare le abitazioni private e la vita quotidiana degli abitanti di Palmira nel corso dei secoli. Sfida enorme».

Arrivarono in poco meno di dieci a Palmira, una sera di ottobre del 2007, col pullmino carico di attrezzature. «Il lungo viaggio nel deserto, poi lei è comparsa ai nostri occhi col suo maestoso colonnato della via centrale, il recinto del tempio di Bel, l’oasi tutt’intorno. Una emozione mai provata. Lavorammo per un mese per mappare il quartiere che dovevamo studiare, poi per altri tre anni la missione ha portato alla luce i resti di una grande casa privata, con imponenti colonne romane e utilizzata fino almeno al settimo-ottavo secolo dopo Cristo.C. Erano giorni intensi, col campo base in una tenda e una famiglia di beduini a fare da guardiani allo scavo, a metà pomeriggio il lungo tramonto rosato che arrivava su Palmira ci accompagnava a casa. Khaled al Asaad è venuto a vedere lo scavo, parlava con la professoressa Grassi, dava consigli».

La professoressa Grassi ha scelto Lilia Palmieri anche per le sue competenze informatiche, le ha chiesto di creare e di curare il sito che racconta della missione (www.progettopalmira.unimi.it). «Ad oggi è il nostro modo per testimoniare e mantenere viva l’attenzione e questo racconterò venerdì sera al liceo Banfi. Palmira è stata per secoli un esempio straordinario di convivenza di culture diverse. Dopo Duemila anni, anche con quello che accade, ha ancora tanto da insegnare».


© RIPRODUZIONE RISERVATA
11 gennaio 2017 | 07:52

sabato 21 maggio 2016

Palmira: la cultura che unisce contro la barbarie che distrugge

Articolo originale qui

Presentato a Roma il progetto 'I belong to': 

un po' di Italia nella ricostruzione delle antiche rovine

Palmira: la cultura che unisce contro la barbarie che distrugge
Ci sarà anche un po' di Italia a Palmira. In un incontro tenutosi giovedì 19 maggio a Roma, infatti, è stato presentato il progetto, patrocinato dal Ministero del turismo siriano ed intitolato “I belong to” (“Appartengo a”), che l'associazione italiana di volontariato internazionale Solidarité Identités e la Comunità Siriana in Italiahanno deciso di portare nel nostro Paese.
Il progetto – scrive in proposito Ada Oppedisano su Il Primato nazionale – consiste nel mettere a disposizione dei donatori alcune riproduzioni della tavoletta su cui è stato inciso il trattato di pace più antico del mondo, realizzate dal celebre scultore siriano Mustafa Ali. Il ricavato di queste donazioni andrà direttamente a finanziare le opere di restauro dell'antica città di Palmira. Ed in segno di riconoscenza il ministero del turismo siriano offrirà al donatore un soggiorno per due notti in un celebre hotel di Damasco”.
Oltretutto – ed è importante quanto il contributo concreto alla ricostruzione – la realizzazione di questo progetto rappresenta “il rinnovo di un patto di amicizia e di fratellanza che lega da millenni i popoli mediterranei, in un ponte di solidarietà che parte da Roma per giungere a Damasco. La Siria – conclude Oppedisano – è un Paese che condivide con noi un destino comune, che si perde nella nascita della civiltà. In quella terra giacciono i frammenti di un passato glorioso, i segni indelebili di una grandezza che ci unisce nel solco della civiltà romana”.
CdG

martedì 5 aprile 2016

Palmira ritorna patrimonio di tutti

L'articolo di Valentina Porcheddu per Il Manifesto 

Palmira ritorna patrimonio di tutti

La città liberata. Intervista a Maamoun Abdulkarim, direttore generale alle Antichità siriane: «Ripareremo ai danni inferti al sito dal Daesh. Ma prima dovremmo iniziare a parlare di ricostruzione culturale»

 
Soldati siriani tra le rovine di Palmira

«Palmira è tornata al patrimonio siriano e io ho ritrovato il senso del mio lavoro perché se in questi ultimi anni ho scelto di non abbandonare la Siria è proprio per non venir meno ai miei doveri di studioso e rivendicare i miei diritti di cittadino». A circa una settimana dalla cacciata dei miliziani del «califfo» Al-Baghdadi da Palmira – la città carovaniera iscritta dal 1980 alla lista dell’Unesco – Maamoun Abdulkarim ci parla al telefono da Damasco. Dalla voce appare sollevato sebbene la sua attitudine resti combattiva. Docente di archeologia romana presso l’Università di Damasco, Abdulkarim ricopre dal 2012 il ruolo di direttore generale alle Antichità e ai Musei siriani, missione che con l’inasprirsi della crisi e l’avanzata del sedicente Stato islamico ha richiesto coraggio, nervi saldi e fiducia in un futuro meno buio, nel quale uomini e pietre possano nuovamente porsi in dialogo col mondo.
Nell’intervista concessa al manifesto nel settembre 2015 definiva Palmira una città in ostaggio. Adesso che è stata liberata, si è già recato sul posto?
Non ancora ma un’equipe del Dgam (Directorate-General of Antiquities and Museums, ndr) è già in azione sul campo. Parallelamente si sta procedendo con lo sminamento perché – com’è noto – il progetto di Daesh era di far esplodere per intero il sito.
Sui media circolano immagini che mostrano lo stato delle rovine dopo l’occupazione dei jihadisti. Scenario non apocalittico ma che lascia ugualmente sgomenti per la gravità dei danni.
Occorre guardare a ciò che non abbiamo perso. Dal punto di vista architettonico, Palmira si conserva quasi integralmente. La cittadella – benché danneggiata dai combattimenti dell’ultimo periodo –, la grande strada colonnata, il tetrapilo, l’agorà, il Campo di Diocleziano, le terme e il santuario di Nabu sono scampati agli intenti distruttivi dell’Isis. Anche le torri funerarie meno elevate sono in piedi. Il paesaggio del sito è salvo, sebbene mutilo. Invece, gli scavi clandestini svolti da Daesh in collaborazione con criminali e «mafiosi» hanno devastato zone ancora da indagare.
In Europa, malgrado il conflitto siriano sia lungi dall’essere risolto, si parla già della ricostruzione di Palmira. È opportuno?
Da parte nostra, abbiamo individuato gli edifici colpiti dall’Isis che sarà possibile recuperare. Ad esempio, la scalinata e il podio del tempio di Bêl – la cui cella è saltata in aria – sono intatti, assieme alla porta monumentale. Anche le mura del recinto persistono. Le colonne non si sono frantumate ma solo «scomposte». Alcuni blocchi della decorazione sono integri e in situ. Secondo i primi riscontri, dunque, il 30% del tempio di Bêl potrà essere restaurato e si potrà eventualmente reintegrare con materiali estratti da cave locali. L’insieme delle operazioni andrà valutato da un comitato internazionale e sotto l’egida Unesco. Le responsabilità devono essere condivise proprio perché Palmira è patrimonio dell’umanità intera. Ma non abbiamo mai pensato di ricostruire da zero i monumenti, il nostro scopo è agire sulla base di presupposti scientifici.
In Italia è stato proposto di realizzare copie dei templi di Bêl e Baalshamin per mezzo di una mega stampante 3d…
La tecnologia 3d sarà senz’altro utile ma per lo studio architettonico finalizzato ai restauri. Le questioni inerenti il patrimonio siriano sono molto politicizzate e rischiano di distorcere la realtà. Per me Palmira appartiene a tutti i siriani, siano essi pro o contro l’attuale governo. Bisognerebbe iniziare a parlare di ricostruzione culturale, piuttosto. In questo senso sono grato specialmente ai colleghi italiani e tedeschi per non aver mai interrotto le relazioni con il Dgam e per averci anzi sostenuto. Sono anche commosso per la sensibilità con cui l’Italia ha voluto onorare – con numerose iniziative – la memoria di Khaled al-As’ad (il direttore delle antichità di Palmira ucciso dall’Isis lo scorso agosto,ndr).
Come rimedierete alle catastrofiche condizioni del museo di Palmira rivelateci dalle riprese post-liberazione?
Per fortuna Daesh non ha usato al museo di Palmira la violenza espressa a Mosul. Le statue che si vedono nelle foto sono quelle che non siamo riusciti a evacuare prima dell’arrivo dei miliziani. Molte sculture sono state sfigurate. Malgrado ciò, sarà possibile effettuare dei restauri persino dell’imponente Leone di Allat, la statua che si trovava all’ingresso ed è stata abbattuta ma non polverizzata.
Le risultano saccheggi?
No, perché prima del maggio 2015 avevamo messo in salvo gli oggetti facilmente commerciabili. Ai jihadisti non interessano le statue perché sono contro la loro ideologia iconoclasta. Cercano oro, argento, monete, vasi, vetri preziosi… Daesh ha venduto licenze di scavo a bande di criminali proprio per ricavarne tesori da immettere nel mercato clandestino. Un giorno potremo riportare i reperti trasferiti a Damasco a Palmira, ma bisognerà attendere la fine delle ostilità. Non solo a Tadmor. In tutta la Siria.

lunedì 4 aprile 2016

Tra le rovine di Palmira per riscrivere la storia

da Internazionale

Tra le rovine di Palmira per riscrivere la storia
 

Palmira, Siria, 1 aprile 2016. L’automobile accelera, e il mio cuore batte sempre più forte. È domenica 27 marzo e sfrecciamo attraverso il deserto siriano diretti a Palmira, la celebre città dell’antichità dalla quale il gruppo Stato islamico (Is) è appena stato costretto a ritirarsi, dieci mesi dopo averla conquistata.
Le mie fonti hanno confermato che l’esercito siriano ha ripreso il controllo totale sulla città e sul vicino sito archeologico, risalente a oltre duemila anni fa. La notizia ha fatto il giro del mondo e l’Afp sarà la prima testata straniera a entrare a Palmira. Sono letteralmente sopraffatto dalla gioia. Non solo perché sto per realizzare uno scoop ma soprattuto perché ho potuto annunciare una notizia che da tanto tempo moltissime persone, in Siria e altrove, speravano di ascoltare.
Dopo un po’ il mio telefono comincia a suonare, senza interruzione. Sono i miei colleghi dell’ufficio di Beirut, i miei amici siriani rifugiati in Germania, in Norvegia, in Libano o in Turchia. Tutti mi fanno la stessa domanda: in che condizioni è il sito archeologico?
Non so ancora la risposta. E la verità è che ho paura di scoprirla.
Mentre ci avviciniamo a Palmira, vedo una nuvola di fumo nero che si alza al di sopra della città, testimonianza della feroce battaglia appena conclusa. Sono sommerso da un misto di emozioni tanto potenti quanto contraddittorie: gioia ma anche tristezza, ansia e apprensione.
I resti dell’arco di trionfo di Palmira, in Siria, il 31 marzo 2016. - Joseph Eid, Afp
I resti dell’arco di trionfo di Palmira, in Siria, il 31 marzo 2016. 
Gioia, perché sarò uno dei primi a entrare a Palmira e a raccontare al mondo quel che ho visto. Tristezza, perché inevitabilmente darò alla gente un primo assaggio delle distruzioni compiute dall’Is in questo straordinario sito. Ansia, perché io stesso ho paura di avere il cuore spezzato vedendo i danni. Tutte le comunicazioni tra la città e il resto del mondo sono state interrotte durante i combattimenti. In questo momento, non sappiamo neanche se i jihadisti hanno mantenuto la loro parola: se, prima di ritirarsi, hanno fatto esplodere fino all’ultimo monumento della vecchia città greco-romana.
E apprensione, perché entro in una città che fino a pochi giorni fa era ancora controllata dai combattenti dell’Is. Ho sentito naturalmente parlare del loro fanatismo e della loro abitudine di lasciare dietro di sé ogni sorta di trappola mortale, sotto forma di ordigni esplosivi improvvisati.
Come raccontare?
Tutte queste emozioni cominciano a svanire mano a mano che le mie preoccupazioni professionali tornano in primo piano. Verifico la batteria della macchina fotografica, del registratore e del telefono. Indosso un cappellino dell’Afp e impugno matita e bloc notes. Come racconterò questa storia? Come potrò trasmettere al mondo quel che sto per vedere?
Siamo ormai a cinquecento metri dalla città antica. Un primo colpo d’occhio in direzione del sito storico fa subito riaccelerare il mio battito cardiaco. È una visione reale? Quelle colonne sono ancora in piedi? E il teatro? E la cittadella? Intorno a me, osservo molta distruzione. Ma alcune cose sono ancora al loro posto, dove non mi aspettavo di trovare altro che un ammasso di macerie
Mi volto verso il mio accompagnatore militare siriano. “Posso andare a vedere le rovine?”. Scuote la testa. Impossibile, dice. “La città vecchia è piena di mine. È molto pericoloso. L’Is era qui solo qualche ora fa, non se lo dimentichi. Bisogna fare attenzione, molta attenzione”.
Film dell’orrore in una città fantasma
Non potendo accedere al sito archeologico, facciamo un giro nei quartieri residenziali di Palmira. È una città fantasma. L’atmosfera mi ricorda alcune scene di film dell’orrore di molto tempo fa. Una città con le strade piene di fumo. Niente è stato risparmiato. Ci sono carcasse di automobili in mezzo alla strada. Edifici demoliti, appartamenti devastati con le porte ancora aperte. Interi quartieri sono stati distrutti dalla guerra. Il silenzio è totale, lugubre, rotto soltanto dal rumore del vento e dalle sporadiche esplosioni in lontananza. L’aria del deserto solleva una polvere gialla e spessa.
I resti di una statua nella periferia di Palmira, in Siria, il 31 marzo 2016. - Joseph Eid, Afp
I resti di una statua nella periferia di Palmira, in Siria, il 31 marzo 2016. 
Mi ritrovo a esplorare in punta di piedi quello che un tempo era un complesso d’edifici residenziali. Do un’occhiata ai crateri lasciati da scontri d’artiglieria recentissimi. Non vedo nessuno. Eppure ci sono alcuni segni di vita: della mercanzia intonsa in piccoli negozi, mobili rimasti in appartamenti abbandonati. È come se gli abitanti se ne fossero andati all’improvviso senza fare le valigie. Quanto ai jihadisti, sembrano non aver lasciato niente, se non qualche bandiera nera e qualche pila di scartoffie amministrative.
Esplosioni lontane
In città avanzo con prudenza. Faccio attenzione a ogni passo, a causa delle mine. Mi sforzo di ascoltare il mio accompagnatore militare che mi suggerisce dove andare. Mi guardo intorno, alla ricerca di qualcuno, di qualsiasi persona in grado d’indicarmi dove mi trovo esattamente, di dirmi quale sia il nome della via in cui sto camminando. Con voce alta e forte chiedo: “C’è qualcuno?”. Ma l’unica risposta che ricevo sono sempre il vento e le esplosioni lontane.
Concludiamo la nostra “passeggiata” nei quartieri residenziali e ci ritroviamo sulla piazza principale della città. Cerco di chiamare l’ufficio dell’Afp per dare mie notizie e inviare alcune foto, ma invano. Non c’è campo. Mentre aspettiamo che l’esercito finisca di sminare la strada che conduce alla città antica, il clima si fa un po’ meno teso. Alcuni si mettono a sorseggiare un infuso d’erbe. Molti scattano delle foto ricordo di questo momento storico.
Soldati russi a Palmira, in Siria, il 31 marzo 2016. - Joseph Eid, Afp
Soldati russi a Palmira, in Siria, il 31 marzo 2016. 
Finalmente ci autorizzano a entrare nel sito. Cerco di non precipitarmi. Non solo per non mettere i piedi nel posto sbagliato ma anche per riempirmi gli occhi di quei monumenti, per cercare d’immaginare le centinaia e centinaia di battaglie e di disastri che hanno devastato questa città nel corso dei secoli, prima di finire nell’oblio. I drammi si dissolvono sempre. La terra, invece, resta dov’è. La storia rimane.
Montagne russe emotive
Faccio una pausa per scarabocchiare alcuni appunti sul mio taccuino, per fare una foto, per filmare. In realtà mi fermo così spesso che i miei colleghi finiscono per averne abbastanza di me e mi lasciano lavorare da solo, per conto mio.
Attraversare queste rovine archeologiche è come salire su delle montagne russe emotive. Proprio quando comincio a sentirmi al sicuro, quando la paura degli ordigni artigianali comincia ad abbandonarmi, il rumore d’una detonazione riecheggia in lontananza. Allora m’irrigidisco, e ricomincio a camminare con prudenza sul terreno sabbioso.
All’improvviso mi ritrovo nel celebre teatro romano di Palmira. È ancora in piedi. Sul mio viso si disegna un ampio sorriso di sollievo. Ma il sorriso sparisce poco dopo, quando scopro che l’Arco di trionfo è stato totalmente distrutto. Mi dirigo poi verso quello che un tempo era il tempio di Baal. Un’opera architettonica di enorme importanza, che mescolava gli stili greco, romano e mediorientale. Non ne rimane che un cumulo di pietre che si scaldano sotto il sole di mezzogiorno. Alcuni fiori gialli hanno invaso i detriti.
I resti della cella del tempio di Bel, a Palmira, in Siria, il 31 marzo 2016. - Joseph Eid, Afp
I resti della cella del tempio di Bel, a Palmira, in Siria, il 31 marzo 2016. 
Ed è solo l’inizio. Le torri funerarie sono state parzialmente demolite. Quasi dappertutto sono state abbattute delle colonne. Ma molte sono ancora in piedi, testimoni di tutto quello che è successo qui.
Tutto sommato la gioia prevale sulla tristezza. I danni sono pesanti, ma il sito archeologico è sopravvissuto. Festeggio questa constatazione nell’unico modo possibile in questo momento: con un autoscatto. Sorrido con il mio cappellino dell’Afp e fotografo me stesso in mezzo alle rovine.
Appena il mio telefono riesce a collegarsi alla rete, mi affretto a pubblicare questa foto su Twitter commentando: “L’Afp a Palmira”.
Mi ricordo che, da piccolo, facevo il gradasso coi miei amici dicendo che avevo visto Palmira, anche se non avevo che dei ricordi molto fumosi, privi di dettagli.
Oggi sono fiero d’aver visitato Palmira per la seconda volta. Sono fiero anche d’essere stato il primo corrispondente di una testata straniera ad arrivare sul luogo dopo la riconquista della città da parte delle forze siriane. Le mie immagini hanno fatto il giro del mondo.
Palmira è stato uno dei principali fari culturali dell’antichità. E, per me, questa città è diventata anche il principale traguardo della mia giovane carriera di giornalista. Ho cominciato questo lavoro da meno di un anno e l’aver già raccontato un evento importante come la riconquista di Palmira, strappata all’Is, rafforza la mia autostima. Non dimenticherò mai questa giornata.
Il mio soggiorno a Palmira finisce all’alba. Torniamo sui nostri passi, attraversiamo un posto di blocco governativo, e all’improvviso il mio telefono ricomincia a prendere. Dall’automobile in movimento comincio a trasmettere i miei racconti. Al contempo ricevo una valanga di messaggi dai miei colleghi. Rim, Loay e Youssef a Damasco. Rouba, Layal, Raba, Sammy e Joseph a Beirut. Sono tutti ansiosi di sapere quello che ho visto. Allora gli racconto tutto. Quando finalmente rientro a Damasco, dopo un passaggio a Homs, ricevo una chiamata della mia collega Maya da Beirut.
“Stiamo scrivendo la storia”, mi dice.
(Traduzione di Federico Ferrone)

lunedì 28 marzo 2016

Siria, Palmira liberata dall’Isis: pronti a partire anche i Caschi blu della cultura

Siria, Palmira liberata dall’Isis: pronti a partire anche i Caschi blu della cultura

Lunedì 28 marzo 2016 da Il Cittadino online 


LEGGI «I miei caschi blu» - Nei giorni di Pasqua la città siriana di Palmira, in mano all’Isis dal maggio 2015, è stata liberata. E i Caschi blu della cultura dell’Onu, nati (anche) da un’intuizione del vimercatese Roberto Rampi, sono pronti a partire.



Le condizioni di Palmira sono migliori di quanto ci si potesse aspettare. Lo riferisce il direttore delle antichità...
Pubblicato da Roberto Rampi su Lunedì 28 marzo 2016



«Poco più di un anno fa ponendo il tema alla Camera di un contingente dedicato alla difesa del patrimonio, erano i giorni delle distruzioni nella piana di Ninive e a Mosul. Qualche mese dopo toccò a Palmira. Molti considerarono quella proposta campata per aria. Oggi ci son le condizioni perché quel contingente svolga il suo ruolo proprio a Palmira, di tutela e di ricostruzione».
Lo scrive l’onorevole vimercatese Roberto Rampi a proposito della possibilità che i Caschi blu della cultura dell’Onu, così era stato definito quel contigente, possano partire per la Siria. “Noi siamo pronti”, aveva detto pochi giorni fa il ministro Dario Franceschini all’agenzia Ansa.
Nei giorni di Pasqua le forze governative siriane, appoggiate dai raid russi, hanno ripreso il “pieno controllo” di Palmira, la città in mano all’Isis dal maggio 2015 che ospita il sito archeologico d’epoca romana patrimonio Unesco. La notizia è arrivata dalla tv di Stato siriana su fonti militari e degli attivisti dell’Osservatorio per i diritti umani, che hanno parlato anche di diversi morti tra gli estremisti. Il custode del sito archeologico, ed ex direttore, Khaled Asaad era stato decapitato in estate dai jihadisti.
Un primo sopralluogo nella città liberata ha permesso di trovare una situazione del patrimonio storico e artistico migliore del previsto. Lo ha riferito il direttore delle antichità siriane Maamoun Abdulkarim e l’ha in parte confermato un video esclusivo pubblicato nei giorni scorsi da Russia 24, dove si mostra l’anfiteatro romano quasi intatto e gli edifici religiosi danneggiati.

Intanto i Caschi blu sono pronti per intervenire. “I nostri caschi blu della Cultura non sono solo un’idea ma una realtà operativa – ha detto il ministro Franceschini - una Task Force di carabinieri e civili, pronta a intervenire non appena ci verrà chiesto dalla comunità internazionale. Siamo il primo e unico Paese ad avere firmato un protocollo con l’Unesco su questo”.

Сирийская армия продолжает бои за полное освобождение Пальмиры. В горячей точке работают наши коллеги – журналисты ВГТРК...
Pubblicato da Телеканал "Культура" su Sabato 26 marzo 2016
E quei caschi blu sono nati da un’intuizione vimercatese. Nel dicembre 2014, il deputato del Pd Roberto Rampi, aveva presentato alla Camera un’interrogazione parlamentare, sottoscritta da un’altra decina di colleghi del Partito democratico e di Sel, per chiedere “un’azione energica” italiana ed europea che, attraverso la costituzione di una forza internazionale, fermasse la distruzione del patrimonio culturale e artistico massacrato dai miliziani del sedicente Isis. Poi, a distanza di neppure un anno, nell’ottobre 2015 era stata l’Onu a porre sotto la sua egida l’istituzione dei ‘caschi blu della cultura’.



Palmira torneà come prima. La vittoria militare dell'esercito di Damasco contro i militanti del gruppo Stato Islamico è una mossa simbolica e strategica di primaria importanza in Siria.


Siria, Franceschini: «L’Italia pronta all’invio di caschi blu culturali»

Siria, Franceschini: «L’Italia pronta all’invio di caschi blu culturali»
Corriere della Sera online
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Dopo liberazione di Palmira da Isis, è già stato firmato il protocollo con l'Unesco. Si tratta di una task force di carabinieri e civili, pronta a intervenire «non appena ci verrà chiesto dalla comunità internazionale» ha detto il ministro dei Beni culturalidi Paolo Conti

«I nostri Caschi Blu della Cultura sono pronti ad intervenire a tutela del patrimonio culturale minacciato o devastato dal terrorismo internazionale. Se Palmira sarà la prima occasione in cui verremo chiamati lo decideranno l'Unesco e la comunità internazionale, che devono anche stabilire tempi, modalità e coinvolgimento di uno o più paesi. Noi comunque siamo pronti». Lo ha ribadito il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, commentando quanto detto dal presidente siriano, Bashar al Assad, secondo il quale le forze governative hanno ripreso il totale controllo della città di Palmira, in mano all'Isis dal maggio 2015, che ospita il sito archeologico romano dichiarato patrimonio dell'Umanità dall'Unesco. Una task force con una preparazione in campo storico-artistico
«Pronto l'intervento a Palmira»

Il ministro offre dunque l'immediata disponibilità del corpo speciale nato per iniziativa italiana (il presidente del Consiglio Matteo Renzi ne parlò nell'autunno scorso all'assemblea generale dell'Onu mentre Franceschini la espose al Consiglio generale Unesco a Parigi). E' composto da uomini e dome dell'arma dei Carabinieri che hanno seguito un corso speciale per partecipare ad azioni in aree di alto rischio e hanno ricevuto una preparazione in campo storico-artistico, ma partecipa anche una pattuglia di restauratori e specialisti del ministero per i Beni e le attività culturali. E' previsto in un secondo momento, in ogni azione in cui sarà impegnato il corpo, la collaborazione di professori universitari specializzati nella materia che sarà richiesta dal tipo di intervento. 
Nel caso di Palmira, dove per anni ha per esempio lavorato il personale impegnato nel progetto «Palmais» (Palmira Missione Archeologica Italo Siriana) molti archeologi italiani sono in grado di intervenire rapidamente proprio per l'accuratissima a conoscenza del luogo. Per esempio Maria Teresa Grassi, docente di Archeologia delle Province Romane all'Università degli Studi di Milano, responsabile dal 2007 al 2010 del progetto «Palmais», che aveva dichiarato nel maggio 2015 a Francesca Gambarini di Corriere.tv, esprimendo la sua preoccupazione che potesse essere saccheggiato il museo archeologico di Palmira per immettere pezzi sul mercato clandestino e finanziare così il terrorismo: «A Palmira c'erano queste tombe collettive dei clan locali che ospitavano fino a 300-400 persone e ogni loculo era chiuso da un bellissimo rilievo con il ritratto del defunto. Sono famosissimi, ci sono in tutti i musei del mondo, dal Louvre al British Museum». I Caschi Blu della cultura potrebbero anche compiere una ricognizione nel museo e stabilire se ci siano stare o meno ruberie. Ma la parola passa ora all'Unesco e al governo della Siria, senza una richiesta i Caschi Blu della Cultura non possono certo partire.



















Chi salverà i Monuments Men

Dai saccheggi nazisti ai disastri naturali e alla furia dell’Is Una mostra racconta gli uomini e le donne che difesero statue, templi e dipinti. Anche a costo della loro stessa vita

Chi salverà i Monuments Men da La Repubblica 27 marzo 2016 
ROBERT M. EDSEL
KHALED AL-ASAAD, OTTANTATRÉ ANNI, archeologo siriano in pensione noto con il soprannome di Mister Palmira per la sua straordinaria conoscenza di quella venerata città di epoca romana, è stato giustiziato lo scorso agosto 2015. Jihadisti dello Stato Islamico lo hanno pubblicamente decapitato, appendendo poi per i polsi il suo corpo a un semaforo, con la testa ai suoi piedi. Attaccato alla vita, un cartello elencava i presunti crimini: partecipazione a “conferenze di infedeli” e “direttore di idolatria” per la passione di una vita dedicata a documentare e condividere la storia di Palmira, sua città natale. L’attuale direttore dei musei siriani ha fornito una spiegazione più razionale: nonostante i ripetuti interrogatori, al-Asaad aveva rifiutato di confessare il luogo dove statue e altre opere d’arte erano state nascoste per proteggerle dall’arrivo dei militanti dell’Is.
Quella di Khaled al-Asaad non è la prima morte al servizio dell’arte in tempo di guerra. Già durante il Secondo conflitto mondiale, nel marzo 1945, il maggiore Ronald Balfour, Monuments Man inglese, fu ucciso da una granata mentre rimuoveva tesori artistici dalla Chiesa di Cristo Re a Kleve, in Germania. Il mese successivo, un colpo di mitragliatrice costò la vita al Monuments Man americano capitano Walter Huchthausen mentre controllava un rapporto di arte trafugata. Seppure fossero due studiosi, Balfour e Huchthausen indossavano uniformi militari. Al-Asaad era invece un semplice civile, armato solamente della sua vasta conoscenza della grande Palmira. La sua determinazione nel proteggere quel che restava di quella grande civiltà si può paragonare a quella della grande eroina francese Rose Valland. Dal 1940 al 1944, questa donna modesta lavorò come custode del piccolo museo parigino che i nazisti avevano requisito per le loro operazioni di saccheggio, e ne spiò per tutto il tempo le attività. Sospettata e per due volte minacciata di esecuzione sommaria, la Valland continuò la sua opera, e fu una fortuna. I suoi appunti segreti che registravano l’arrivo di arte trafugata e la successiva spedizione verso la Germania si rivelarono di fondamentale importanza per la scoperta di più di ventimila opera d’arte da parte dei Monuments Men. Rose Valland si unì in seguito a loro e proseguì la ricerca delle opere d’arte disperse fino alla sua morte nel 1980.
L’orribile uccisione di al-Asaad, così come la morte di Balfour e Huchthausen, testimoniano quanto possa costare proteggere opere d’arte e altri beni culturali durante i conflitti ar- mati. Balfour e Huchthausen ne erano consapevoli prima di arruolarsi come volontari, ma vollero ugualmente servire la causa. Anche al-Asaad, secondo il figlio Walid, conosceva il rischio di restare nella sua città natale nonostante le numerose opportunità di fuggire prima dell’accerchiamento di Palmira da parte delle truppe dell’Is. A questo punto la domanda è: ma l’arte vale una vita?
È una domanda che mira dritto al cuore della missione dei Monuments Men durante la Seconda guerra mondiale, così come a quella di tanti volontari che allora come oggi rischiano la propria vita per salvare il patrimonio culturale dell’umanità. Il comandante supremo delle forze alleate, Eisenhower, credeva che la risposta dovesse essere «no», sostenendo che una vita umana conta «infinitamente» di più. Il Monuments Man capitano Deane Keller, professore di storia dell’arte presso l’Università di Yale e artista lui stesso, era d’accordo. Keller, che nei suoi tre anni di servizio in Italia venne a trovarsi per oltre un anno nella zona di combattimento, scrisse che «la vita di un giovane americano vale più di qualsiasi monumento». E tuttavia fece una distinzione fondamentale: tra la differenza nel rischiare la vita per salvare un oggetto d’arte rispetto a rischiare la vita per una causa. Come gli altri Monuments Men, Keller considerò un privilegio poter rappresentare la propria nazione nella lotta per difendere la libertà di espressione creativa degli artisti, e preservare i più grandi esempi di quanto creato dagli artisti del passato.
Anche il generale Eisenhower si espresse sull’argomento, dicendo nel 1946 che «almeno per quanto riguarda una democrazia, gli ideali per cui [una guerra] viene combattuta vivono oltre il materialismo e la distruttività della guerra». Anche il Monuments Man tenente comandante George Stout, quando nel 1943 aveva dovuto perorare presso il presidente americano Roosevelt la necessità di creare un’unità per la protezione del patrimonio culturale, si era espresso con chiarezza e passione: «La salvaguardia di questi beni… dimostrerà il nostro rispetto per le credenze e i costumi di tutti e testimonierà che queste opere non sono patrimonio di un unico popolo ma dell’intera umanità. Preservarle fa parte della responsabilità che grava sui governi delle Nazioni Unite». Roosevelt fu d’accordo. Balfour, Huchthausen e oggi al-Asaad a Palmira hanno onorato questi alti ideali. Le Nazioni Unite ancora no.
Robert M. Edsel è autore di tre libri sull’argomento A uno di questi, “ Monuments Men: eroi alleati, ladri nazisti e la più grande caccia al tesoro della Storia” ( Sperling& Kupfer) si è ispirato il regista, attore e produttore George Clooney per il suo film del 2014
©RIPRODUZIONE RISERVATA
L'articolo di Repubblica domenica 27 marzo 2016 

LA MOSTRA
AL GRANDE “ESERCITO” DEI MONUMENTS MEN È DEDICATA LA MOSTRA “SALVARE LA MEMORIA (LA BELLEZZA, L’ARTE, LA STORIA) STORIE DI DISTRUZIONI E RINASCITA”, A CURA DI ELENA MARIA MENOTTI E SANDRINA BANDERA, AL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI MANTOVA FINO AL 5 GIUGNO. NELLA FOTO GRANDE, IL PALAZZO DI HANUMAN DHOKA RIDOTTO IN MACERIE, A KATHMANDU, DOPO IL VIOLENTO TERREMOTO CHE HA SCONVOLTO IL NEPAL IL 25 APRILE 2015: TRA I MONUMENTS MEN DEL XXI SECOLO ARRIVATI IN NEPAL A DARE UNA MANO DOPO LA TRAGEDIA C’ERA ANCHE UN GRUPPO DI RESTAURATORI ITALIANI

domenica 27 marzo 2016

UNESCO Director-General and President Vladimir Putin discuss the protection of Palmyra's cultural heritage

Articolo originale qui

UNESCO Director-General and President Vladimir Putin discuss the protection of Palmyra's cultural heritage
© UNESCO/Ron Van Oers -- Palmyra

Following the liberation of Palmyra, the Director-General of UNESCO, Ms Irina Bokova, discussed with HE Mr Vladimir Putin, President of the Russian Federation, during a telephone conversation on 27 March 2016, the protection and preservation of the cultural heritage of Palmyra.

"I stand ready to send a UNESCO emergency assessment experts' mission‎ to map the damages at the UNESCO World Heritage site of Palmyra", declared Irina Bokova.
President Putin informed the Director-General of his readiness to provide immediate support and expertise of his country to a UNESCO expert mission to Palmyra as soon as the security situation would allow.  
He assured the Director-General of the wide-ranging experience of Russian experts from The Heritage Museum in St. Petersburg, including from work under UNESCO's leadership on the preservation and reconstruction of the cultural heritage of Syria.
‎‎The Director-General also held a telephone conversation with Mr. ‎ Maamun Abdulkarim, the Director of the Department of Syrian Antiquities, concerning the latest updates on the situation of the site following its recent liberation.
She invited Mr. Abdulkarim to come to UNESCO in the next days in order to prepare for the sending of the UNESCO expert mission and she reiterated her full support for the restoration of Palmyra underscoring "the critical role of cultural heritage for resilience, national unity, and peace". 
Mr. Abdulkarim thanked the Director-General, confirming the need to ensure restoration works at the site under UNESCO auspices, as soon as the security requirements will be ensured on the ground.
Before concluding, Irina Bokova informed Mr. Abdulkarim  that UNESCO will be holding a conference of experts on the reconstruction of the cultural heritage of Syria by the end of April.

Siria: Damasco riprende pieno controllo di Palmira

Siria: Damasco riprende pieno controllo di Palmira


Ansa 


Il presidente siriano Assad: successo della nostra strategia

Le forze governative siriane, appoggiate dai raid russi, hanno ripreso il "pieno controllo" di Palmira, la città in mano all'Isis dal maggio 2015 che ospita il sito archeologico d'epoca romana patrimonio Unesco. Lo riferiscono la tv di Stato siriana citando fonti militari e gli attivisti dell'Osservatorio per i diritti umani che parlano anche di diversi morti tra gli estremisti.

La riconquista di Palmira dimostra il successo della strategia perseguita dall'esercito siriano e dai suoi alleati nella "guerra al terrorismo". Così il presidente siriano, Bashar al Assad, riferisce la tv di Stato, dopo che il regime ha ripreso il pieno controllo della città, in mano all'Isis dal maggio 2015. Secondo Assad, si tratta di un "risultato importante".

Regime Damasco riprende il controllo di Palmira © AP
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

sabato 26 marzo 2016

Syrian Antiquities Agency Plans to Start Restoring Palmyra in April

Syrian Antiquities Agency Plans to Start Restoring Palmyra in April
Get short URL

Syria's Directorate-General for Antiquities and Museums (DGAM) is hoping to begin restoration works for monuments in the city of Palmyra after many of them were destroyed or damaged by Daesh terrorists, the agency’s head said Saturday.

MOSCOW (Sputnik) — The Syrian army’s offensive on the city of Palmyra to recapture it from Daesh terrorists began on Thursday. On Friday, the units of the Syrian army and patriotic militia retook the historic Palmyra Castle from Daesh terrorists, reports said.
"I think we shall start working in April, when the city will be completely safe. Experts on the ground will look over the situation and assess destruction [of monuments]," Maamoun Abdulkarim told RIA Novosti.
According to Abdulkarim, the experts are intent on completely restoring two temples, the 2,000-year-old Roman arch of triumph and funerary towers which were destroyed by the jihadists.
Palmyra is considered key for advancing to Daesh stronghold of Raqqa in eastern Syria.
The city of Palmyra and its historic ruins have been under Daesh control since May 2015. The terrorist group has since destroyed part of the ruins, which are a designated UNESCO World Heritage site.


Read more: http://sputniknews.com/middleeast/20160326/1037010632/palmyra-restoration-april.html#ixzz44BBcdpfe

Siria: le prime immagini di Palmira trasmesse dalla tv russa


venerdì 25 marzo 2016

UNESCO Director-General welcomes the liberation of Palmyra

Articolo originale 

© UNESCO/Silvan RehfeldPalmyra (Syrian Arab Republic)

"I welcome the liberation of the Palmyra archeological site, martyr city inscribed on the UNESCO world heritage list, which carries the memory of the Syrian people, and the values of cultural diversity, tolerance and openness that have made this region a cradle of civilization." Said the Director General of UNESCO.

"For one year, Palmyra has been a symbol of the cultural cleansing plaguing the Middle East. The dynamiting and pillage of its treasures, to break an entire society, sparked a unanimous indignation and strengthened the unprecedented mobilization in favor of the values ​​that unite all humanity." 
"The destruction of temples of Baal Shamin and Bel, the funeral towers and the Triumphal Arch are an immense loss for the Syrian people and the world.” 
"As soon as security conditions allow, UNESCO is ready to go to Palmyra with those responsible for Syrian antiquities on a mission to evaluate damage and protect the priceless heritage of the city of Palmyra, crossroad of cultures since the dawn of humanity. The deliberate destruction of heritage is a war crime, and UNESCO will do everything in its power to document the damage so that these crimes do not go unpunished. I wish to remind all parties present of the absolute necessity to preserve this unique heritage as an essential condition for peace and the future of the region” she concluded.