domenica 10 gennaio 2016

Un database digitale per combattere il traffico di antichità

Dal 25 gennaio 2011, l’Egitto è entrato in una delle peggiori crisi della sua storia e ancora stenta a riprendersi. La “Primavera araba”, gli scontri di piazza, i giochi di potere tra uomini del vecchio regime, istituzioni religiose ed esercito hanno creato una grave instabilità politica e un abbandono del controllo del territorio. Questa situazione, acuita dalla crisi economica, è diventata così il campo d’azione ideale per tombaroli e commercianti di antichità che si sono ritrovati con siti archeologici praticamente abbandonati e confini nazionali sempre più penetrabili.
Frequenti sono le notizie di reperti sequestrati alla dogana, ma continuano a restare troppi i lotti dall’origine dubbia messi all’asta in Inghilterra, Svizzera, Israele e USA. Per cercare di arginare queste esportazioni illegali, il Ministero delle Antichità, in collaborazione con l’American Research Center in Egypt e con Antiquities Coalition, gruppo internazionale che combatte i crimini contro i beni culturali, sta per lanciare un progetto che, però, appare tardivo. Nell’ancora incompleto Museo Nazionale della Civiltà Egiziana, situato in località Al-Fustat al Cairo (nell’immagine in alto, come dovrebbe apparire terminati i lavori), verrà istallato il Museum Digitization and Documentation Center con lo scopo di creare un database digitale con schede descrittive di tutti gli oggetti esposti nei musei archeologici del paese. Ogni dato (misure, materiale, collocazione, provenienza, datazione) sarà inserito in una sorta di “carta d’identità” del reperto facilmente consultabile in caso di sospetta compravendita del bene, così da velocizzare le procedure ufficiali di recupero. La digitalizzazione, finanziata con un milione di dollari, partirà a breve anche grazie a una serie di esperti del British Museum che formeranno funzionari e archeologi egiziani.

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