Lo scavo di Palmira (foto archivio Palmais) |
L’unica archeologa brianzola in Siria e ha conosciuto lo studioso Khaled al Asaad
Da piccola no, non lo sapeva cosa avrebbe voluto fare da grande. «Cambiavo idea ogni due per tre», racconta oggi Lilia Palmieri. «Ma certo non immaginavo che mi sarei ritrovata un giorno ad essere la sola archeologa brianzola a partecipare all’unica missione archeologica italiana in una delle più importanti città romane del Vicino Oriente, Palmira, in Siria».
Lilia Palmieri |
E invece Lilia Palmieri per anni ha scavato a Palmira, fino a che la guerra siriana ha costretto ad abbandonare la città, lasciandola in mano alle milizie dell’Isis che hanno devastato e distrutto, arrivando fino ad uccidere senza pietà l’archeologo siriano Khaled al Asaad. Venerdì sera Lilia Palmieri, racconterà di «Palmira, tra storia, archeologia e attualità» in una tavola rotonda a ingresso libero organizzata dal liceo classico Banfi, a partire dalle 18.30. Accanto a lei anche Antonio Sartori, per anni docente di epigrafia latina e storia romana all’università degli Studi di Milano che racconterà invece di Zenobia, la famosa regina della città. E al termine del dibattito, guidato dal professor Mauro Reali, verrà scoperta una targa in memoria di al Asaad. «Mi troverò davanti a ragazzi che come me hanno scelto di frequentare il liceo classico. Io, monzese doc, classe 1976, andai al liceo Zucchi, e fu lì che a poco a poco mi innamorai del mondo greco e romano. Ma la grande storia non mi bastava, volevo conoscere le microstorie, quelle della vita di ogni giorno, della gente comune, e l’archeologia te lo permette». Da qui la laurea e poi la specializzazione all’università degli studi di Milano, i primi scavi sedici anni fa in un importante sito Romano a Calvatone, nel cremonese, «poi nel 2007 Maria Teresa Grassi, docente di archeologia delle province romane, un giorno mi chiamò nel suo studio e mi disse: coordinerò la prima missione archeologica italiana a Palmira, in collaborazione con studiosi siriani: tu verrai con noi. Ascoltavo e non avevo neanche la forza di ringraziare. Partimmo. Ci avevano assegnato un’enorme area di undici ettari, il quartiere a sud ovest, per tanti anni le ricerche si erano concentrate sui grandi monumenti di cui è ricca la città, noi dovevamo invece occuparci di un ambito di studio meno noto, Dovevamo documentare le abitazioni private e la vita quotidiana degli abitanti di Palmira nel corso dei secoli. Sfida enorme».
Arrivarono in poco meno di dieci a Palmira, una sera di ottobre del 2007, col pullmino carico di attrezzature. «Il lungo viaggio nel deserto, poi lei è comparsa ai nostri occhi col suo maestoso colonnato della via centrale, il recinto del tempio di Bel, l’oasi tutt’intorno. Una emozione mai provata. Lavorammo per un mese per mappare il quartiere che dovevamo studiare, poi per altri tre anni la missione ha portato alla luce i resti di una grande casa privata, con imponenti colonne romane e utilizzata fino almeno al settimo-ottavo secolo dopo Cristo.C. Erano giorni intensi, col campo base in una tenda e una famiglia di beduini a fare da guardiani allo scavo, a metà pomeriggio il lungo tramonto rosato che arrivava su Palmira ci accompagnava a casa. Khaled al Asaad è venuto a vedere lo scavo, parlava con la professoressa Grassi, dava consigli».
La professoressa Grassi ha scelto Lilia Palmieri anche per le sue competenze informatiche, le ha chiesto di creare e di curare il sito che racconta della missione (www.progettopalmira.unimi.it). «Ad oggi è il nostro modo per testimoniare e mantenere viva l’attenzione e questo racconterò venerdì sera al liceo Banfi. Palmira è stata per secoli un esempio straordinario di convivenza di culture diverse. Dopo Duemila anni, anche con quello che accade, ha ancora tanto da insegnare».
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11 gennaio 2017 | 07:52
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