martedì 7 febbraio 2017

L'Italia salva l'arte ferita di Palmira

L'uomo ha ancora il volto ferito dalle martellate della ferocia barbara dell'Isis. Ma per lui si sta preparando una sofisticatissima stampa in 3D con sinterizzazione di polveri di nylons, che gli restituirà i lineamenti gentili da aristocratico. Lei, invece, frammento dopo frammento, è tornata bellissima, con il velo che le copre la testa e i gioielli che le fermano il mantello sulla spalla. Sono i due busti funerari del II-III secolo d.C, icone dell'arte ferita a Palmira salvate in extremis nel 2015 dal Museo della città devastata, che per la prima volta hanno lasciato la loro terra temporaneamente affidate all'Italia dopo un avventuroso viaggio tra frontiere e posti di blocco, grazie all'accordo tra l'Associazione Incontro di Civiltà e la Direzione delle antichità di Damasco.




Esposte alla mostra al Colosseo "Rinascere dalle distruzioni, Ebla, Nimrub, Palmira", sono ora in "cura" ai laboratori dell'Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, che li riconsegnerà alla Siria a fine mese. "Una piccola operazione miracolosa", commenta il presidente di Incontro di Civiltà, Francesco Rutelli, annunciando che la mostra "proseguirà con altri capitoli in futuro". E soprattutto, aggiunge il Ministro di beni culturali e turismo, Dario Franceschini: "una grande prova della qualità riconosciuta in tutto il mondo dei nostri istituti e dell'affidabilità acquistata dal nostro paese in questi decenni". (ANSA.it)





sabato 21 gennaio 2017

Palmira, lo scempio finale: l’Isis distrugge anche il teatro romano

La città siriana sotto assedio: l’Isis distrugge anche il proscenio del teatro romano e il Tetrapilo. L’Onu: «Crimine di guerra»

shado
L’Isis torna a colpire le antichità di Palmira. Pur se in grandi difficoltà su tutti di fronti in Medio Oriente — in ritirata a Mosul e in larga parte dell’Iraq, costretti sulla difensiva in Siria, sconfitti a Sirte in Libia —, i militanti del Califfato riprendono a distruggere i monumenti antichi anche oltre due millenni in quella che è considerata la perla dei siti archeologici nel deserto siriano. Tadmor, come era chiamata Palmira in epoca greco-romana, nel 2015 era diventata il simbolo della barbarie cieca e ignorante del Califfato, ma in seguito anche segno tangibile del riscatto del regime di Bashar Assad, che l’aveva liberata grazie al fondamentale sostegno militare garantito da Russia e Iran. Oggi, al contrario, le immagini della facciata del teatro romano e del Tetrapilo devastati dalle bombe jihadiste nel cuore del sito archeologico tornano a sottolineare la debolezza del regime di Damasco, che si dimostra totalmente incapace di controllare il proprio territorio e persino un luogo tanto importante come Palmira nel caso venga a mancare l’aiuto russo e delle milizie sciite libanesi sostenute dall’Iran.
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Dal Mali all’Afghanistan, le opere distrutte dai jihadisti
La notizia delle nuove devastazioni è stata divulgata ieri a Damasco da Maamoun Abdelkarim, responsabile delle antichità siriane. «Fonti locali ci hanno informato che il Daesh (l’acronimo arabo di Isis, ndr) ha distrutto il Tetrapilo, una struttura formata da sedici colonne, e foto satellitari raccolte dai nostri colleghi dell’università di Boston mostrano danni alla facciata del teatro romano», ha dichiarato. Abdelkarim ha aggiunto che informazioni confuse circa l’eventualità di segni freschi di vandalismi erano già circolate tre settimane fa. Ma solo nelle ultime ore sono giunte le prove certe.
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L’Arco di Palmira, distrutto dall’Isis e ricostruito con la stampante 3D, ora è a Londra
In particolare, sono state le foto satellitari del Dipartimento Antichità della American School of Oriental Research a fornire i dettagli più accurati. Solo due delle 16 colonne del Tetrapilo sono originali. Le altre vennero costruite in cemento nel 1962. Non è ancora chiaro se le originali siano quelle ancora in piedi. La notizia sta provocando reazioni di condanna in tutto il mondo. Tra le tante, Irina Bokova, responsabile agli affari culturali per le Nazioni Unite, definisce i vandalismi a «un crimine di guerra».
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Palmira come non l’avete mai vistaNel 1910 gli scatti di Tony Andrè
Macerie fresche si aggiungono così a quelle già provocate dalle bombe e dalle picconate dei jihadisti sin dal tempo della loro prima invasione della città nel maggio 2015. Palmira era abitata da oltre 65.000 persone. Oggi è vuota. Situata in pieno deserto, quasi 250 chilometri a sud-est di Damasco, Isis la tenne sotto suo controllo per oltre 10 mesi. Ebbe così tutto il tempo per compiere le sue distruzioni mirate (vennero fatti esplodere tra gli altri l’Arco di Trionfo, i templi di Bel e Baalshamin), oltreché favorire una vasta campagna di rapina e saccheggio. I manufatti più preziosi venduti sul mercato nero delle antichità contribuiscono tra l’altro a finanziare le casse dell’estremismo islamico. Tuttavia, nel marzo 2016 le milizie scelte dell’Hezbollah (il gruppo paramilitare sciita-libanese ispirato e finanziato dall’Iran) sostenute da una massiccia offensiva russa riuscirono a scacciare Isis da Palmira.
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Siria, Palmira dopo Isis
Per il presidente Putin fu un grande successo, tanto che volle celebrare la vittoria con un concerto dell’orchestra dell’Armata Rossa in quello stesso anfiteatro romano dove sino a pochi giorni prima Isis compiva le sue macabre esecuzioni. Ma poi le unità militari siriane fedeli ad Assad non sono state in grado di tenere la città. Ai primi di dicembre Isis è così riuscito a riprenderne il pieno controllo. E da allora lo scempio del sito archeologico è ricominciato indisturbato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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